di Giacomo Moccetti
"Non mi diverto più, ma spero di far divertire chi mi paga": lo disse, ribadendolo più volte nel corso degli anni, Roberto Baggio nel 1994. Il Divin Codino, che l'anno prima aveva vinto il Pallone d'Oro e che di lì a poco sarebbe stato protagonista ai Mondiali di USA '94, non si divertiva più a giocare a calcio, perché in quel mondo non si riconosceva. E poi perché con gli allenatori faceva fatica ad andare d’accordo, e perché il suo corpo gli dava continue sofferenze. E anche perché la stampa non gli dava un attimo di tregua. Lui - come dice il sottotitolo di Roberto Baggio, scritto da Stefano Piri - "aveva solo un pensiero": prendere palla e portarla fino alla porta avversaria per poi segnare. Questo faceva di lui un numero 10 che giocava da nove e mezzo, ovverosia un giocatore unico e di difficile comprensione per gli avversari ma pure per chi lo doveva allenare. Sacchi, Trapattoni, Lippi, Capello, Tabarez,... nessuno di loro lo ha mai davvero amato. L'amore, per Baggio, è sempre arrivato dal pubblico che, guardandolo, non ha mai smesso di divertirsi.
Consigliato a chi: ha nostalgia del calcio anni Novanta.
Stefano Piri, Roberto Baggio, 66thand2nd 2020, 205 pp.
Libri di sport, Baggio (17.04.2020)
RSI Sport 17.04.2020, 10:45