Birdland

Alle radici del jazz: Earl Hines, pianista

con Marcello Lorrai

  • 09.05.2017, 01:00
Earl Hines

Earl Hines, 1947

  • Wikipedia - William P. Gottlieb

BIRDLAND
Da lunedì 08 a venerdì 12 maggio 2017 alle 23:00

Earl Hines è stato uno dei più importanti pianisti jazz. Non per nulla fu soprannominato “father of the modern jazz piano”. Nato nel 1903 in Pennsylvania, morì ancora in attività nel 1983.

Inizia a suonare il piano a 9 anni, a 15 guida già una propria formazione ed entra nel giro professionistico con i Serenaders di Lois Deppe a Pittsburgh nei primi anni '20. Dopo essersi spostato a Chicago, entra in contatto con Louis Armstrong e diventa suo direttore musicale nel 1927. Inutile dire che assieme, sia con gli Hot Five che in duo, crearono alcune delle pietre miliari del jazz della prima ora. Sono anni di importante crescita per il pianista che si è già messo in luce per il suo personale uso della mano sinistra e per il procedere spesso ad ottave delle linee melodiche della destra, una tecnica da lui stesso definita “trumpet style”, un modo di suonare il piano che dà nuova vita allo strumento e che supera definitivamente i cliché del ragtime.
Oltre al fervido lavoro con Armstrong, Hines registra alla fine dei '20 alcuni fondamentali brani per piano solo e dà il via alla sua big band che avrà come trampolino di lancio il famoso Grand Terrace Café. Il riconoscimento come leader e solista a livello nazionale arriva con gli anni ’30 e il successo dura fino alla fine della guerra. Nella big band, una della più importanti in circolazione e che ebbe Billy Eckstine come cantante tra il 39 e il 43, figureranno anche tre giovani che si faranno valere: Dizzy Gillespie, Charlie Parker e Sarah Vaughan. Con il declino delle big band e all’avvento dei boppers anche la carriera di Hines negli anni '50 ha un periodo di appannamento che termina a metà dei '60 quando il pianista inizia a proporsi in piccoli gruppi accanto a musicisti più giovani di lui. È qui che emerge di nuovo la sua maestria sullo strumento - per anni un po' nascosta dietro i sontuosi arrangiamenti per big band - e che l’appellativo di padre del jazz moderno si manifesta in tutta la sua pienezza.

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