La grande guerra fu caratterizzata dal freddo, dalla fame, dalla pioggia, la neve e la tormenta in cima alle montagne, dal fango della trincea. Dai topi ed i pidocchi, i cecchini e gli assalti alla baionetta: centinaia di migliaia di soldati caddero nelle battaglie dell’Isonzo sacrificati dagli ordini insensati degli ufficiali, incalzati dal delirio del Capo Supremo dell’esercito, il Generale Cadorna. Per farsi coraggio i soldati si riempivano di cognac e acquavite prima dell’assalto, molti morirono senza accorgersene: nel momento fatale erano ubriachi.
Hemingway, arrivato sui campi di battaglia animato da chissà quali astratti ideali, subì uno choc che segnò tutta la sua vita di scrittore e di corrispondente di guerra. Ben presto i suoi sogni di libertà e giustizia sociale andarono in pezzi ed il giovane Ernest, come il suo personaggio, Fred, e come moltissimi dei suoi commilitoni, capì che la guerra era uno schifo e che era necessario, per uscirne vivi, stipulare con essa una pace separata, personale, inconfessabile.
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