A vent’anni dalla scomparsa di Roberto Leydi (Ivrea, 1928-Milano, 2003), etnomusicologo, docente, giornalista, saggista, conduttore di programmi televisivi e radiofonici, Grand Bazaar gli rende un doveroso omaggio. Anche in vista di un convegno a lui dedicato che si terrà a Lugano e Bellinzona, dal 17 al 19 novembre.
Studioso e ricercatore instancabile, i suoi interessi giovanili partirono dal jazz, al lavoro presso il settimanale Europeo, ai viaggi con Ferdinando Scianna proseguendo con lo scandalo di Bella Ciao, alla nascita del folk revival, ai rapporti con i cantori e i suonatori popolari, all’insegnamento al DAMS di Bologna, alla nascita dell’Ufficio Cultura del Mondo Popolare delle Regione Lombardia fino alla sua collezione di strumenti che ha lasciato al Centro di dialettologia e di etnografia del Canton Ticino a Bellinzona.
Roberto Leydi lavorò alla Radiotelevisione svizzera per oltre vent’anni, realizzando 900 trasmissioni radiofoniche e una trentina di produzioni televisive.
Per capire meglio la complessità di questo straordinario intellettuale, abbiamo incontrato Aurelio Citelli, curatore del libro Roberto Leydi, Il monello che ci fece scoprire l’altra musica, edito dall’Associazione Culturale Barabàn.
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