Il suo video su come vestirsi a 90 gradi sottozero è stato visto da oltre 335 mila utenti e il suo profilo Instagram è seguito da 160 mila follower. Forse neanche lui si aspettava tanta notorietà, almeno all’inizio quando accettò quasi per caso la sfida di andare per alcuni mesi a lavorare in condizioni proibitive in una base di ricerca italo-francese in Antartide.
Marco Buttu ci ha preso gusto e a Concordia (questo il nome dell’avamposto internazionale posto sopra 3000 metri di ghiaccio nell’entroterra del continente antartico) soggiornandovi in tre occasioni: 2018, 2021 e 2024. La sua esperienza è sfociata in una serie di incontri pubblici, sempre seguitissimi, in cui il ricercatore italiano di origini sarde, ingegnere di software per radiotelescopi dell’Istituto nazionale italiano di astrofisica (Inaf) con esperienza post-laurea all’EPFL, ripercorre la sua vita al Polo Sud in condizioni estreme di temperatura e assenza di luce solare che dura mesi. È come intraprendere un viaggio a bordo di una astronave verso un altro pianeta, arido e inospitale come potrebbe essere Marte. Anche per questo Marco Buttu ha intitolato il suo libro Marte bianco, con il bianco come colore delle distese glaciali dell’Antartide. In occasione di un suo recente incontro pubblico ad Arbedo, promosso dal Circolo culturale sardo Coghinas, abbiamo chiesto a Marco Buttu di raccontarci il valore umano e scientifico di questa sfida ai confini del mondo.
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