Durante l’ultimo conflitto, tra Israele e Hamas a Gaza, proprio nei giorni in cui veniva siglata una fragile tregua, siamo andati in Israele a incontrare tre donne israeliane. In una guerra in cui l’inizio e la fine sono stati decisi dagli uomini, ci siamo rivolte a tre donne che hanno avuto e continuano ad avere azioni e gesti di pace, senza risparmiare critiche al governo israeliano. A Tel Aviv, a due passi dalla piazza Dizengoff, dove la fontana è un sepolcro di volti di uomini (cfr. foto), donne e bambini uccisi il 7 ottobre, abbiamo incontrato Manuela Dviri, scrittrice e giornalista che nel 1998 ha perso il giovane figlio Yonathan che prestava servizio nell’esercito israeliano. A partire da questo lutto Dviri non ha mai smesso di criticare le azioni guerrafondaie del suo governo. E poi Ketty Bar, un’artista che ha fondato il movimento “Madri contro la violenza”, che conta 10mila donne in Israele e che mette al centro il ruolo delle madri nell’educare i figli alla non violenza. Ogni week end le “Madri contro la violenza” si recano in Cisgiordania per incontrare e sostenere le donne palestinesi.
E, infine, proprio nei giorni in cui venivano restituiti gli ostaggi israeliani vivi e i prigionieri palestinesi, nella piazza degli ostaggi di Tel Aviv, abbiamo incontrato Efrat Machikawa, la nipote di una coppia che abitava nel kibbutz Nir Oz, un kibbutz prossimo alla striscia di Gaza, dove il 7 ottobre 2023 , 47 persone sono state uccise e 76 sono state prese in ostaggio. Lo zio di Efrat è stato rilasciato dopo 281 giorni di prigionia mentre la zia è stata uccisa.
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