«Quando descrivi la realtà, ti accusano di fare dell’umorismo nero» forse è racchiuso in queste parole di Charles Willeford - uno dei capostipiti del noir americano - il segreto del successo di una delle ibridazioni di genere più felici e curiose: quella tra commedia e poliziesco.
Un’ibridazione apparentemente paradossale perché coniugare a storie cupe, misteriose, in cui si narrano crimini violenti, ironia ed umorismo può sembrare ostico, ma è invece ciò che rende quelle storie profondamente umane e reali, trasformandole da genere apprezzato soprattutto dagli adepti in romanzi in grado di affrontare temi universali.
Ma come il comico si è introdotto nel noir? Da dove ha avuto origine il fenomeno e come si è diffuso? Quali sono i suoi risultati migliori? E quali, dopo i molti adattamenti in serie tv, le possibilità di evoluzione di un linguaggio che forse sta diventando un genere a sé stante?
Ne parliamo con uno scrittore italiano capace di suspence e intrecci avvincenti ma anche di tanta ironia come Alessandro Robecchi (che dopo il ciclo su Carlo Monterossi ha appena pubblicato quello che potrebbe essere il primo di una nuova serie di romanzi noir), con Luca Conti traduttore dello stesso Willeford ma anche di altri autori noir di grande successo e infine con l’editore Carlo Amatetti grande studioso di comicità e linguaggio umoristico con cui nello scorcio finale di Moby Dick ci affacciamo guidati dalla spassosissima Only Murders in the Building nel mondo delle serie TV e dei podcast true crime.
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