Oggi, la storia

„Fam, füm, frecc“

di Denise Tonella

  • 2 dicembre 2014, 08:05
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„Fam, füm, frecc“

RSI New Articles 02.12.2014, 10:49

Dicembre è l’ultimo mese dell’anno. Da poco, nell’emisfero boreale, è iniziato l’inverno. Le luci natalizie illuminano le strade delle città e addobbano le case nei villaggi. È il mese in cui definitivamente arriva il freddo e il periodo in cui, fino a non tanto tempo fa, molti bambini delle valli ticinesi si trovavano a Milano e in altre città del Norditalia a pulire camini. Oggi vorrei ricordare un momento doloroso del nostro passato recente, in cui questo umile mestiere era un’occupazione fortemente radicata nelle popolazioni di montagna. Si tratta di un tema di cui si è ridiscusso l’anno scorso con l’uscita al cinema del film “Die Schwarzen Brüder” di Xavier Koller.

In Ticino, le Centovalli, la Val Verzasca e la Valle Maggia hanno visto emigrare intere generazioni di spazzacamini. Anche altre valli dell’arco alpino furono colpite da questo fenomeno, tra cui la Val d’Aosta.

Le partenze dei bambini spazzacamini alleggerivano almeno momentaneamente il peso sopportato dalle famiglie in estrema povertà. Una bocca in meno da sfamare faceva differenza. I bambini partivano in autunno e tornavano in primavera per i lavori nei prati. Venivano ceduti in affitto ai “padroni” che setacciavano le terre più misere alla ricerca di manodopera da portarsi dietro. Molti genitori cercavano di evitare questa traumatica esperienza ai loro figli e tentavano di trovare loro occupazioni diverse. Ma le richieste in tal senso non erano molte.

I più piccoli erano i più richiesti. Con la loro esile statura si arrampicavano meglio sui camini. Alcuni padroni erano gentili, ma la maggior parte sfruttava i bambini come schiavi. Il guadagno se lo intascavano i padroni. I genitori dei bambini ne ricevevano solo una minima parte. Gli spazzacamini dovevano spesso mendicare per ricevere cibo a sufficienza. Il padrone li teneva a dieta. Se ingrassavano non avrebbero più potuto entrare nelle strette gole dei camini. Se scappavano, venivano picchiati. “Fam, füm, frecc” – fame, fumo, freddo – si intitola il libro di Benito Mazzi dedicato al tragico destino dei bambini spazzacamini. Non furono pochi i bambini che, per il massacrante lavoro e per la vita di stenti, morirono o si ammalarono gravemente. Pochi spazzacamini si ribellavano, per paura di essere abbandonati e di non ritrovare mai più la via verso casa.

Si dovette attendere la seconda metà dell’Ottocento per veder sorgere le prime istituzioni di assistenza per gli spazzacamini. Nel 1869 a Milano alcuni svizzeri e tedeschi iniziarono ad accogliere gli spazzacamini la domenica per insegnare loro a leggere e scrivere. In cambio i bambini ricevevano del buon cibo.

In Ticino, lo sfruttamento dei giovani spazzacamini cessò finalmente durante la prima guerra mondiale. La chiusura delle frontiere segnò la fine dell’emigrazione minorile.

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