Oggi, la storia

Big Data e le scienze storiche

di Simona Boscani Leoni

  • 26 October 2015, 06:05
  • DATALAND
iStock_dati_archivio
  • iStock

Oggi, la storia
Lunedì 26 ottobre 2015 - 07:05


Oggi, la storia 26.10.15

Oggi, la storia 26.10.2015, 07:05

Dieci giorni fa a Berna si sono radunati diversi storici e archivisti per assistere a una giornata di studio consacrata al tema del rapporto tra “big data” e le scienze storiche.

Oltre a essere un tema che da tempo affascina gli specialisti e la stampa (si pensi a tutte le polemiche attorno ai social networks e alla protezione dei dati), il fatto che ora anche il Fondo nazionale svizzero per la promozione della ricerca scientifica abbia deciso di varare un piano di ricerca nazionale sul tema, investendo 25 milioni di franchi, ha fornito uno stimolo ulteriore agli storici per confrontarsi sull’argomento.

Ma cosa significa? Con “big data” s’intende un volume di dati talmente grande o complesso o in continuo movimento da superare le capacità di elaborazione degli strumenti d’analisi tradizionali. I dati possono derivare da fonti diverse, siano esse videocamere sistemate nelle stazioni dei metrò, come anche le informazioni raccolte sui propri clienti da diverse ditte (si pensi ad esempio alle aziende di telecomunicazione).

Questo fenomeno, che apparentemente sembra essere un problema solo degli ultimi decenni, è legato anche allo sviluppo di computer sempre più potenti, di possibilità di stockaggio dei dati sempre più grandi e – soprattutto – alla rivoluzione d’internet e del world wide web.

Come storica dell’epoca moderna che si occupa di storia del sapere e delle scienze, devo però dire che, almeno dal Rinascimento in poi, altre rivoluzioni nel campo dei mass media hanno prodotto nella società la stessa forma di sgomento che proviamo noi oggi di fronte a “big data”. Pensiamo alla rivoluzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg che permise una produzione molto più veloce di libri, e allo sviluppo dei mezzi di trasporto che rese possibile una circolazione più veloce d’informazioni a livello globale. La stessa cosa si può dire per il XVIII secolo e la cosiddetta seconda rivoluzione del libro, che permise - grazie a diverse innovazioni tecniche, una produzione molto più veloce di opere a stampa.

Insomma, analizzando la storia culturale europea, e non solo, si vede che “big data” non è un problema recente, ma che anche altre epoche hanno conosciuto un fenomeno di aumento esponenziale dei dati, che ha generato inquietudini e nuove pratiche di organizzazione del sapere e di stockaggio delle informazioni.

Ti potrebbe interessare