Oggi, la storia
Giovedì 12 maggio 2016 - 07:05
Oggi vorrei parlare della speranza, un sentimento difficile da provare, in quest’epoca abitata da tante contraddizioni, ingiustizie e sofferenze che spesso fanno prevalere sentimenti di paura nei confronti del futuro.
D’altra parte, la storia del pensiero è attraversata proprio dall’intreccio di speranza e paura verso un futuro che sembra presentarsi sì, come promessa, ma insieme anche come minaccia.
La con-fusione di promessa e minaccia, è presente già in una delle prime raffigurazioni simboliche della speranza, dentro il vaso di Pandora, donato da Zeus a questa bellissima creatura, mandata tra gli uomini per punirli del furto prometeico del fuoco divino; un bellissimo dono, accompagnato però dal divieto di aprirlo. Ma Pandora, come ben sappiamo, non ubbidì. “Ma quella femmina, scrive Esiodo, il grande coperchio del doglio dischiuse, /con luttuoso cuore, fra gli uomini, e i mali vi sparse./ solo il Timor del futuro restò sotto l’orlo del doglio”.
Con la forza evocativa del mito, questa rappresentazione della speranza da sempre è dentro di noi. Dono irrefutabile, una specie di gift, dono e insieme veleno, che esprime tutta la fragilità umana.
La storia del pensiero occidentale, dallo stoicismo a Spinoza e oltre, offre molte tracce del sospetto che accompagna questo sentimento, ritenuto segno della nostra inadeguatezza e dei nostri limiti.
Bisogna vivere senza speranza e senza paura, afferma Seneca quando parla del saggio che sa adeguare mente e sentimenti al Logos universale, alla ragione di un cosmo a cui tutti apparteniamo.
Anche Spinoza, proprio per la nostra appartenenza al cosmo e al suo Logos divino, deus sive natura, vede la speranza come letizia incostante, sempre accompagnata dalla paura, tristezza incostante, e dunque, anche qui, come segno di fragilità e di inadeguatezza.
Sospesi alla speranza, siamo consegnati alle fluttuazioni dell’animo che ci tengono lontani dalla vera comprensione del senso dell’esistenza.
C’è però anche un’altra possibile rappresentazione di questo sentimento, in cui la fragilità si trasforma in forza esistenziale. Penso a quell’affidarsi a Dio che nutre il suo significato religioso e penso, soprattutto, al principio speranza, enunciato da Ernst Bloch nel Novecento.
Nel principio speranza la tensione cristiana, trascendente, diviene immanente, riconosciuta dentro la storia umana, terrena, come è accaduto con il pensiero di Marx.
E’ la speranza in un mondo migliore.
E’ proprio questo il sentimento, così difficile da provare oggi, che a volte mi sembra di cogliere, in fondo agli occhi dei profughi che ci vengono incontro ogni giorno.