Prosegue il viaggio sulle tracce della corrente del Minimalismo, assieme alla violinista e compositrice Elisa Manera.
In questa puntata faremo almeno un paio di passi nella macchina del tempo: uno indietro e uno avanti rispetto a dove eravamo partiti, andando a ricercare ai margini, nei vicoli di transito, lungo i bordi meno illuminati della storia della musica.
Andremo a cercare il vero mentore segreto dei padri del minimalismo. Dovremo vagare per le Avenue di New York dei primi del '900, per trovare una sorta di Tiresia vichingo, dalle sembianze di artista vagabondo.
La cultura Hobo nasce in America alla fine dell'800 e si fa espressione di una condizione esistenziale subita e dolorosa (i protagonisti di questa prima fase sono disoccupati e orfani che viaggiano nei treni merci in cerca di fortuna e sopravvivenza), ma che può diventare (e lo è stata nella sua seconda fase) anche filosofia di vita, visione, prassi esecutiva del procedere nel mondo. Dallo spirito anti-mainstream, bracciante della curiosità a tutto tondo e dalla mente tanto colta quanto ribelle e vivace, ci sposteremo in Europa a conoscere un artista che ha formato un duo dedicato a questa corrente e che ha omaggiato, con un intero album, Edmund Patrick Fielden, un romantico viaggiatore che il compositore ha conosciuto in Scozia nel 1978. Parliamo di Massimo Giuntoli, artista eclettico e variegato. Come avrete capito, ci muoveremo nel tempo andando a scovare le origini del minimalismo, ma anche nello spazio facendo emergere quello che, in parte, accade in Italia come eco di forme post-minimaliste. Ascolteremo brani di Phase Duo, Eloisa Manera, Marcello Bonanno, Sebastiano De Gennaro e Massimiliano Viel.
La domanda focale quindi è: chi ha inventato veramente il minimalismo? Incredibile ma vero, è stato un hobo neworchese!
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