Cos’ha a che fare una “Natura morta” con la complessa esperienza del sacro? Solitamente l’interpretiamo in chiave naturalistica o realistica, prestando attenzione piuttosto al piano illustrativo. Tuttavia, questo genere artistico alle sue origini celava anche una dimensione liturgica, come racconta Michele Dantini nel suo saggio Le forme del divino. Problemi di arte sacra tra prima modernità e Novecento pubblicato da Il Mulino.
«In Occidente le immagini dipinte o scolpite sono state per lungo tempo considerate incarnazioni del Divino» scrive Dantini «e hanno trovato in questa loro natura duplice, celeste e terrena insieme, la propria giustificazione». Ma quali sono i riferimenti al divino che oggi non riusciamo più a riconoscere? Perché il nostro modo di intendere l’arte prevede una rimozione del piano religioso?
Ospite della puntata: Michele Dantini, Professore di Arte Contemporanea all’Università di Stranieri di Perugia e alla Scuola di Alti Studi di Lucca.
L’inserto della settimana si illumina di una luce non divina: quella dei neon di Dan Flavin, esposti al Kunstmuseum di Basilea fino al 18 agosto. “Widmungen aus Licht” è il titolo della mostra. Emanuela Burgazzoli ne ha parlato con la co-curatrice Olga Osadtschy.
Di luce dipinta parla, invece, il terzo episodio di Due chili di blu, la serie originale di Rete Due, curata dalla storica dell’arte Susanna Gualazzini, che in dieci puntate racconta l’epopea dell’Impressionismo.
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