Steffen, il Crus e una questione indifferente

dall'inviato a Novi Sad Ariele Mombelli

Chi ben comincia è a metà dell'opera, recita il detto. Lo spera, evidentemente, anche la Svizzera di Murat Yakin, capace di trasformare in una passeggiata di salute il primo impegno verso l'Euro 2024. Vero, l'avversario odierno era di quelli davvero modesti, ma una partita simile, considerate le note premesse - affrontare la Bielorussia, in uno stadio desolante e desolatamente vuoto, per di più in Serbia - poteva comunque nascondere qualche incognita. Così non è stato, e il primo esame è stato superato. A pieni voti.

Merito, anche ma non solo, di Renato Steffen. Lui che, tra i meno chiacchierati e attesi tanto da far dubitare riguardo la sua titolarità, ha sentito risuonare il suo nome per ben tre volte nel silenzio tombale del Karadjordje. Di che parliamo? Dello stadio di Novi Sad, davvero vetusto e ai limiti di qualsiasi norma, ma che da oggi l'esterno del Lugano si ricorderà a lungo: per un record, quello della tripletta più veloce della storia della Nazionale, che difficilmente verrà superato a breve giro di posta. Per la gioia, scommettiamo, anche di Mattia Croci-Torti e del Lugano.

Ventinove minuti. Tanto ci ha messo Steffen per mettere le mani sul particolare primato, tanto quanto ci ha impiegato la Svizzera ad archiviare, di fatto, la pratica Bielorussia. Una Nazionale che, chissà, potrebbe aver giocato oggi e per ovvi motivi la sua ultima partita in una competizione UEFA. Lo si saprà il 4 aprile, quando il massimo organo calcistico si esprimerà sulla questione. Ma in fondo alla Svizzera non deve interessare. E, forse, nemmeno a Renato Steffen...