Tour chiuso? Il Col de la Loze evoca brutti ricordi a Pogacar

Zero segni di cedimento, nessun secondo perso nei confronti di Jonas Vingegaard. A Tadej Pogacar sono bastate tre tappe - le due cronometro e la 12a frazione, quella che comprendeva l’ascesa verso Hautacam - per rifilare all’unico rivale temibile della classifica generale un distacco di 4’13”. Una voragine, che prima della terza settimana appare incolmabile, uno strappo impossibile da ricucire, e che sembra avviare il Tour de France verso un esito piuttosto scontato, la quarta affermazione del campione del mondo.

Sarà davvero così? Probabile, ma è meglio andarci con cautela e imparare dal passato, e quel passato il danese se lo ricorda bene. Mont Ventoux 2021 (11a frazione), un Vingegaard scaraventato senza preavviso nelle vesti di capitano dopo il ritiro di Roglic stacca Pogacar. Lo sloveno gli ritornerà sotto in discesa, ma per la prima volta in assoluto dà un piccolo segnale di attaccabilità. Col de la Loze 2023 (17a tappa), e il celebre “I’m gone, I’m dead” strillato da Pogi nella radiolina all’ammiraglia. È alle corde e lì ha la peggior crisi della sua carriera. Cos’hanno in comune queste due salite alpine? Entrambe verranno affrontate nell’ultima settimana della Grande Boucle 2025, la prima già domani mentre la seconda nella sfiancante 18a tappa che comprende 5’600m di dislivello.

La Visma e Vingegaard hanno vinto il Tour del 2022 e del 2023 grazie allo studio meticoloso di poche tappe, cerchiate con il pennarrello rosso, esaminate metro per metro, testate e cannibalizzate dal loro leader. Si tratta semplicemente - si fa per dire - di replicare lo stesso copione, per sovvertire un esito che al momento parla solo sloveno. Uno, Vingegaard, dichiara che la gamba va via via migliorando e che esiste un piano d’attacco. L’altro, Pogacar, ha vissuto un trittico pirenaico perfetto e attende le Alpi con discreto margine e, quello che più conta, la maglia gialla sulle sue spalle.