Elliott Sharp (o E#, come vezzosamente ama chiamarsi) è uno dei più grandi chitarristi della scena contemporanea ma da sempre vive nel paradosso. Nonostante abbia pubblicato decine di album, quasi cento, e legato il suo nome a una miriade di progetti diversi, nonostante abbia composto colonne sonore per film, documentari, special TV, opere e allestimenti teatrali, e realizzato installazioni sonore in gallerie d'arte e musei, il suo nome e la sua figura rimangono uno dei segreti meglio custoditi della musica del nostro tempo.
Sharp viene da Cleveland, Ohio, ma è a New York che ha trovato il suo habitat ideale, dapprima come studente (fra i suoi maestri, Morton Feldman e Roswell Rudd) poi come protagonista della vivace scena d'avanguardia della Big Apple. Ha esordito su disco con Resonance, LP “solo” del 1979 pubblicato in proprio con etichetta zOaR music, e ha proseguito poi su piste parallele con album solistici e numerosi duetti, oltre che come leader di formazioni diverse (Carbon, Orchestra Carbon, Terraplane). Notevole anche il suo lavoro come produttore: per il John Zorn di Spy vs Spy ad esempio, per i Mofungo, per il visionario artista svizzero Christian Marclay. Nelle sue irrefrenabili fantasie, segni di free jazz, di blues e rhythm and blues, di electro rock, e slanci verso le musiche etniche, come testimoniano le collaborazioni con Bachir Attar e Nusrat Fateh Ali Khan, eiettati dalle sue chitarre processate elettronicamente e spesso costruite in proprio, con nomi eccentrici come pantar e violinoid.
Nel 2019 Sharp ha edito alcuni nuovi album in situazioni e con formazioni diverse (Syzygy, Oslo, Expressed By The Circumference) ma in questo suo passaggio ticinese ripropone un progetto di “blues tremendista” di qualche anno orsono, Fourth Blood Moon, all'epoca in duo ora in quartetto. Tra i collaboratori spicca Eric (Dolphy) Mingus, figlio del grande “Chazz”, che ha all'attivo collaborazioni con Sharp fin dal 2004 e può qui spendere al meglio l'amore per il blues già testimoniato anni fa da un apprezzato tributo a Willie Dixon, Electric Willie.
Una produzione RSI Rete Due