Anatomia di una tragedia

Storie: Robiei 66

LA 1, domenica 11 febbraio, 20.40

  • 5 febbraio, 11:04

Storie: Robiei 66

RSI Alla RSI 31.01.2024, 18:19

16 Febbraio 1966. Robiei. Mentre sono in corso i lavori nella galleria dell’impianto idroelettrico nell’alto Canton Ticino, quindici operai italiani e due pompieri di Locarno muoiono uccisi dai gas tossici che ristagnano in uno dei cunicoli della montagna. 


 “Robiei 66 - Anatomia di una tragedia” è un documentario di Storie con la regia di Fabrizio Albertini che ricostruisce quei fatti descrivendo la storia di quel paesaggio, delle persone che l’hanno disegnato, scavato e costruito. Il racconto di un’epoca che pare dimenticata, e di una storia racchiusa nel cuore della montagna, di un tributo amarissimo pagato al progresso. Una tragedia che non va dimenticata, anche per meglio riflettere sul presente e sul futuro. 


In studio ci sarà uno degli operai che quella sera riposavano poco lontano dal luogo della disgrazia, negli alloggi dell’Ofima, e al quale toccò l’amaro compito del riconoscimento di parte delle vittime: Giovanni Da Dalto ricorda come in un’istantanea quei momenti terribili, lo smarrimento e la concitazione. Il suo racconto, generoso ed emotivo, permetterà di ricostruire un mondo a noi vicinissimo e del quale conserviamo ben poca memoria.  


Ai fatti, Erminio Ferrari, indimenticata firma de laRegione prematuramente scomparsa, aveva dedicato “Cielo di stelle” (edito da Casagrande) in cui era riportata la testimonianza di dell’unico superstite alla tragedia. A quella testimonianza ne seguono molte altre: Ferrari ha incontrato i minatori attivi all’epoca sul cantiere, i dipendenti dell’Ofima (Officine Idroelettriche della Maggia, committente dell’opera), i pompieri che intervennero sul posto, e poi le vedove e le orfane. Il volume raccoglie quelle voci e quelle memorie – la miseria, la fatica, ma anche l’amore e la solidarietà – e ce le restituisce, come si legge nella presentazione, “nella forma di un’appassionata e delicata narrazione letteraria, nel tentativo di capire che cosa resta oggi di quel dramma individuale e collettivo”.  


Il lago di Robièi, lo ricordiamo, è un bacino artificiale alpino che si trova in Val Bavona ai piedi del ghiacciaio del Basodino. È stato creato dall’omonima diga che si trova nelle immediate vicinanze della capanna Basòdino. Sfruttato per produrre elettricità tramite turbine, il Lago può essere raggiunto seguendo la Vallemaggia fino a Bignasco e poi procedendo sino a San Carlo, da dove una teleferica conduce direttamente a Robièi. 


Inaugurata nel 1967, la diga ha un’altezza di 68 metri e il coronamento è lungo 360 metri, mentre il volume della diga è di 180.000 metri cubi. Il lago creato dallo sbarramento – le cui acque vengono sfruttate dalle Officine Idroelettriche della Maggia (OFIMA) - ha un volume massimo di 6,7 milioni di metri cubi, una lunghezza di 500 metri e un’altitudine massima di 1940 m s.l.m. Lo sfioratore ha una capacità di 30 metri cubi al secondo. 


Leggiamo su rsi.ch nell’articolo dedicato ai fatti 50 anni dopo: “Nel corso degli anni Cinquanta l’Ofima aveva realizzato la prima tappa degli impianti idroelettrici della Maggia. La seconda fase iniziò negli anni Sessanta con le opere a Robiei, Bavona, Cavagnoli-Naret. Nei primi tre anni di lavoro, senza alcun incidente, sono stati scavati i quasi 13 chilometri della galleria Robiei-Stabiascio-Gries. L’apertura del diaframma era avvenuta verso la metà del 1965. Il 15 febbraio 1966 era in programma l’apertura della saracinesca di scarico che chiudeva la sezione della galleria a circa tre chilometri dal portale di Robiei. Operazione affidata ai pompieri locarnesi e al capo-officina. Tutti e tre trovavano la morte per asfissia sulla via del ritorno. Poche ore dopo, partiti alla ricerca dei loro colleghi e sempre per la mancanza di ossigeno nel condotto, morivano altri 14 operai”

Di Fabrizio Albertini

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