Alla periferia sudorientale di Roma un palazzone di vetro un tempo sede della seconda università di Roma è oggi un ‘villaggio invisibile’ abitato da 1500 persone. Sudanesi, somali, eritrei, etiopi, tutti titolari di una forma di protezione internazionale, rifugiati in arrivo da Lampedusa e altri luoghi di sbarco, in transito verso altri paesi d’Europa oppure stanziali, residenti qui anche da 5, 6, 7, anni. Per il «New York Times» Selam Palace è “il paradosso italiano dei rifugiati, prima accolti e poi dimenticati”.
Dal 2006, mentre tutte le istituzioni rimangono a debita distanza, a Selam Palace ogni giovedì sera i volontari dell’Associazione Cittadini del Mondo per qualche ora aprono il loro presidio di assistenza sanitaria, vaccinando, curando, insegnando diritti e obblighi. Con loro visitiamo una parte del palazzo dove un comitato interno riesce a tenere in piedi un’organizzazione: chi lavora offre soldi per sistemare i nuovi arrivati e a rotazione alcuni gestiscono un negozio, una lavanderia, un bar interni. Selam Palace è un indirizzo famoso e chi sbarca riesce a raggiungerlo in poche ore, tanto famoso che oggi l’emergenza è l’accoglienza di centinaia di richiedenti asilo. Con quali mezzi e quali prospettive?
Anna Maria Giordano
Passaggio in Italia