LASER
Mercoledì 26 luglio 2017 alle 09:00
Replica alle 22:35
Sei anni dopo il referendum che ha permesso la secessione al Sudan del Sud cristiano dal Sudan arabo, il fragile accordo di pace tra il Presidente Salva Kiir e l'ex vice-presidente Riek Machar sembra essersi arenato definitivamente e la Nazione più giovane del mondo è ripiombata nella guerra civile. Uno scontro politico, sconfinato in quello etnico che vede i due principali gruppi del Paese, dinka e nuer, combattere per ottenere l'egemonia sui pozzi petroliferi presenti nella parte settentrionale del Sud Sudan.
Dall'inizio della guerra sono state accertate oltre 50mila vittime e circa 3,5 milioni di persone sono scappate dalle proprie case. La maggior parte sono sfollati interni, mentre 1,5 milioni di persone hanno trovato rifugio nei Paesi confinanti, soprattutto in Uganda.
Peter, un ragazzo di 21 anni di etnia nuer, rinchiuso dentro il campo di sfollati sotto protezione Onu della capitale Juba, racconta ai microfoni di "Laser" la sua notte di terrore in cui ha rischiato di essere ucciso dai soldati lealisti.
Tra i principali protagonisti nel difficile processo di pace le Chiese del Paese che hanno istituito un Consiglio che accomuna le differenti confessioni religiose. Daniel Deng, arcivescovo anglicano del Sud Sudan, e Paolino Loro, arcivescovo cattolico del Sud Sudan, esprimono le loro teorie su ciò che è necessario fare per raggiungere il cessate il fuoco.
Mentre sui tavoli della politica e della diplomazia si prova a trovare un accordo, secondo il World Food Programme 5 milioni di persone, ossia il 40% della popolazione, non ha sufficiente cibo per sopravvivere. Tra questi i più colpiti sono i bambini, secondo l'Unicef, 270mila rischiano di morire per fame ed un milione è prossimo alla malnutrizione grave.