È andata via a 96 anni, in buona parte dedicati al jazz. Già poco più che adolescente tentava di svicolare nel Birdland per ascoltare Charlie Parker, con scarso successo, visto che non era maggiorenne. E fu proprio Bird a sottolineare il suo orecchio particolarmente predisposto all’ascolto. E già, Sheila Jordan ha costruito la sua carriera sul sapere ascoltare ciò che avevano da dire i numerosissimi musicisti (di ogni parte del Globo) che l’hanno accompagnata. Il suo album d’esordio è del 1962 – Portrait of Sheila -, anni “terribili” per chi si affacciava alla ribalta delle voci jazz negli Stati Uniti d’America, perché la concorrenza era di quelle da lasciare a bocca aperta, basti citare Sarah Vaughan ed Ella Fitzgerald, senza fare elenchi che potrebbero arrivare a quello telefonico. Anni rigogliosi di musica e dove ancora i “Giganti del Jazz” albergavano in umane spoglie. Sheila Jeannette Jordan, sempre indomita, non si è mai arresa e ha proseguito sulla sua strada con fierezza e con una voce completamente differente, anche dalle c.d. regine bianche del jazz.
Una carriera forte, costellata di successi, ma anche di tanti problemi. E se pensiamo che anche di ha avuto ancora la fermezza e la forza di licenziare dischi e di andare in tour in mezzo mondo, possiamo dire che il jazz è stato la sua linfa vitale. Sheila Jordan ci ha lasciati l’11 agosto di quest’anno.
Parleremo di lei con Susanna Stivali, cantante, compositrice, docente e presidente del Midj – Associazione dei musicisti di Jazz Italiani e con Alceste Ayroldi, critico musicale e saggista.
Scopri la serie
https://www.rsi.ch/s/703515