È la polemica gastronomica di queste settimane: stiamo parlando della raclette vegetale per i vegani, a base di semi di girasole e sviluppata da Agroscope. Siete d’accordo con il nome scelto che è identico a quello della raclette tradizionale, fatta con il formaggio fuso e storico piatto del patrimonio culinario vallesano? Ed è giusto che Agroscope, che è il centro di competenza della Confederazione per la ricerca nel settore agricolo dell’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG), faccia concorrenza a prodotti alimentari classici forniti dai contadini svizzeri e, in questo caso, vallesani ed essenziali per la loro sopravvivenza? Dell’utilizzo di denominazioni di origine animale per alimenti derivati da proteine vegetali, della tutela per i consumatori da possibile confusione sui prodotti e dello sviluppo e della commercializzazione sul mercato di alimenti innovativi da parte di Agroscope ci occupiamo nella puntata odierna. La vicenda della “raclette”, vera o finta, è finita anche a Palazzo federale con un’interpellanza denominata: “Una raclette è una raclette!”. La notizia che l’istituto federale Agroscope avesse sviluppato un’alternativa vegetale al formaggio fuso tradizionale non è certo passata inosservato in Vallese e così la consigliera agli Stati Marianne Maret, del Centro, ha inoltrato un’interpellanza sul tema al Consiglio federale. “La raclette è un patrimonio culinario vallesano. È in gioco qualcosa di essenziale”: è questo il chiaro punto di vista della parlamentare vallesana di fronte all’alternativa ai semi di girasole sviluppata dal Centro di competenza della Confederazione per la ricerca nel settore agricolo. Agroscope si è giustificato, affermando che la missione centrale della ricerca è anticipare il futuro e sostenere lo sviluppo di alimenti innovativi, sani e sicuri. Ma la raclette vegetale non va giù a Maret e il problema non è il sapore. “Mi disturba il fatto che la ricerca possa portare allo sviluppo di un prodotto potenzialmente in concorrenza con quelli forniti dai contadini svizzeri e vallesani ed essenziali per la loro sopravvivenza”. È entrato invece nel contenuto del prodotto Claude Luisier, uno dei più rinomati affinatori di formaggi del Canton Vallese. Dalla sua cantina, dove le forme giunte dagli alpeggi stanno lentamente maturando, ha espresso un’opinione molto netta: “Ho assaggiato formaggi vegani e raclette vegane. Alcune non sono male dal punto di vista del gusto. Ricordano un po’ dei pâté o delle terrine. Ma non hanno proprio niente a che vedere con il formaggio. Ci sarà sempre un mercato per i prodotti di nicchia, ma chi cerca qualcosa che imiti il formaggio credo sbagli completamente”.
È ospite: Renato Bontognali, esperto tecnologo lattiero caseario e assaggiatore di formaggi.
Agroscope ha preso posizione sulla vicenda della “raclette” e ha risposto, in forma scritta e dopo la trasmissione in diretta, a tre nostre domande:
È compito di Agroscope, che è il Centro di competenza della Confederazione per la ricerca nel settore agricolo, creare una nuova raclette vegetale con semi di girasole?
Il progetto è stato finanziato in gran parte da Innosuisse e da partner provenienti dal settore pratico.
Gli attori del settore lattiero-caseario hanno contattato Agroscope per esplorare nuove possibilità di diversificazione, in particolare per valorizzare meglio alcuni sottoprodotti. Avevamo tre obiettivi principali: utilizzare materie prime locali provenienti dall’agricoltura svizzera, valorizzare i flussi secondari e sviluppare un prodotto culinario attraente che potesse essere realizzato anche in un’azienda artigianale.
Le abitudini alimentari delle persone stanno cambiando. Si consumano e si producono sempre più alternative ai prodotti lattiero-caseari e alla carne. Una missione centrale della ricerca è quella di anticipare il futuro, generare nuove conoscenze ed elaborare nuove soluzioni. Le ricerche di Agroscope sostengono lo sviluppo di alimenti innovativi, sani e sicuri, dalla produzione al consumo.
L’obiettivo non era quello di competere con la tradizionale raclette, ma di sviluppare delle opzioni complementari. Questi prodotti vegetali non sostituiscono i prodotti classici, come il formaggio da raclette ma, idealmente, possono integrarli, sia per i piccoli caseifici che per i consumatori.
Perché chiamare “raclette” qualcosa che non ha il formaggio fuso tradizionale come ingrediente e contenuto principale? Non potevate scegliere un altro nome?
A nostro avviso, il prodotto non deve essere commercializzato come raclette. Ci basiamo su questo punto sulla lettera informativa 2020/3.1 dell’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV). Il prodotto dovrebbe ad esempio essere designato come «alternativa vegana alla raclette» (cfr. cifra 4, seconda voce della tabella). Ci assicuriamo inoltre di utilizzare la denominazione corretta nella nostra comunicazione.
Agroscope non produrrà né commercializzerà il prodotto. Le aziende interessate possono contattarci fino al 30 gennaio 2026. Successivamente definiremo con loro la procedura da seguire.
La raclette è un patrimonio culinario vallesano: voi, con la vostra nuova proposta, farete un po’ di concorrenza a un prodotto alimentare che ha una sua storia, una sua tradizione e un suo mercato: il settore agricolo non è molto contento di questa vostra nuova raclette in quanto vede un potenziale rivale sul mercato. Come vi giustificate?
Comprendiamo che ci siano domande critiche. L’obiettivo non era quello di competere con la classica raclette o di imitarla. Un’alternativa vegana può essere al massimo un complemento, ad esempio per le persone con problemi di intolleranza al lattosio o per coloro che desiderano seguire un’alimentazione vegetale.
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