pedina della scacchiera che ride
Millevoci

L’umorismo è una cosa seria

Di Michela Daghini

  • 19.05.2023
  • 38 min
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Ogni cultura ha il suo. Permette di sorridere anche delle avversità della vita, rompe il ghiaccio, favorisce i rapporti con gli altri e il senso di appartenenza. Ci mostra gli eventi sotto un’altra luce, aiuta a relativizzare, stempera le tensioni, si accompagna spesso a un carattere estroverso e alla propensione a rapporti distesi. È il fatto stesso di percepire, esprimere e rappresentare gli aspetti più curiosi e divertenti, con simpatia. Dostoevskij lo riteneva uno strumento utile per conoscere e per conoscersi. Frutto perlopiù di un’intelligenza arguta e della capacità sottile di rilevare e rappresentare le incongruenze, lo humour sottolinea l'aspetto comico di ogni situazione e aiuta a non prendersi troppo sul serio. E può essere allenato: a livello cerebrale si traduce in una migliore attività delle aree incaricate di creare associazioni tra contenuti diversi. Sul lavoro o nel tempo libero, su noi stessi o con gli altri, è un elemento universale della società. E se le sue tracce hanno origini antiche, l’ironia attraversa anche la storia del pensiero, ed è un tratto distintivo della cultura inglese ma anche della cultura yiddish, ben interpretata da Moni Ovadia e a cui hanno attinto i fratelli Marx e Woody Allen nel cinema, dove troviamo anche due icone del sorriso, seppur malinconico, come Charlie Chaplin e Jacques Tati – o anche gli straordinari Monty Python. Ma che rapporto ha lo humour con le emozioni e con la conoscenza?

Ne parliamo con due filosofi, Markus Krienke e Armando Massarenti - con un intervento di una regina dello humour, l’attrice Lella Costa.

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