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Camera d’eco

Ultima sera - Arno Camenisch

Se volete sentirvi immersi in mille racconti e memorie, con la semplicità che solo dentro un’osteria della Surselva potete trovare, allora siete nel posto giusto.

  • 15.10.2022
  • 4 min
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Buongiorno a tutti, mi chiamo Sofia e studio lingua e letteratura italiana all’Università di Friburgo.

Ultima sera, il romanzo di Arno Camenisch, di cui oggi parliamo, ci invita a sedere al tavolo dell’Osteria Helvetia. Ci troviamo in compagnia della Silvia, con le sue sigarette, dell’Alexi, che vorrebbe solo un bicchiere d’acqua, e dell’Otto, che era innamorato della bellissima Friederike, un ragazza che lavorava allo sci-lift di Brigels.

E se vi sentite un po’ confusi da queste parole, nessuna paura, è solo l’effetto che suscita questo alternarsi di voci. Ben presto però vi ci abituerete e comincerete a sentire l’odore del Caffefertic o dell’ennesima Mary long accesa dalla zia.

Arno Camenisch è uno scrittore svizzero, nato a Tavanasa, nel Canton Grigioni, nel 1978. Ha frequentato l’Istituto svizzero di Letteratura a Bienne, ed è l’autore di numerose opere. Molte di queste raccontano proprio della sua valle d’origine, la Surselva, arrivando a comporre quella che alcuni hanno definito una sorta di “cronaca grigionese”.

Il libro di cui parliamo oggi è Ultima sera, romanzo uscito nel 2013 con Keller editori e tradotto in italiano da Roberta Gado. È un piccolo libro di poche pagine, ma assolutamente da leggere. Non solo per l’importanza che ha nel quadro della letteratura svizzera, di cui Camenisch è uno dei giganti. Ma anche perché sono certa che dopo la lettura, vedrete con occhio diverso le molte osterie di paese che compongono le nostre valli.

Fuori dall’osteria Helvetia piove a dirotto, un tempo balordo, come dice l’Otto, e proprio per questo gli abitanti della valle si ritrovano tutti a ripararsi al suo interno. I discorsi di questa notte di pioggia ci permettono di vedere uno spaccato di vita, o meglio, di molte vite, perché tutti i presenti hanno qualcosa da raccontare, tra un sorso di birra e l’altro.

Camenisch, con Ultima sera, ci lascia entrare in questa storica osteria di paese, sul punto di chiudere definitivamente, e sedendoci al tavolo, o al bancone, possiamo ascoltare le voci che riempiono l’aria.

Ma se l’oralità certamente è il primo elemento ad attirare la nostra attenzione, presto lo sguardo si posa sui piccoli oggetti del quotidiano, sulla minuziosa descrizione dei gesti che i personaggi compiono. Il Gion che si gratta il gomito, l’Alexi che si liscia l’acconciatura, l’Otto che alza il bicchiere e dice Viva.

L’Osteria Helvetia diventa un luogo come tanti altri. Ma allo stesso tempo diventa prototipo di tutte le osterie di ogni villaggio di montagna. Le nostre montagne. Proprio per questo il valore identitario è subito avvertibile.

La lingua è mista, è un dialogo costante. A primo impatto ci sentiamo forse un po’ smarriti, ma poche pagine dopo, il libro di Arno Camenisch diventa testimone dell’unica cosa che realmente conta in un paesino sperduto di montagna, quando fuori piove e non c’è nulla da fare: la socialità.

Si parla, si chiacchiera, si passa il tempo. Si ricorda il passato e si spettegola di cose di poco conto, alternandole ai grandi temi dell’esistenza umana, con quel fare però di chi ha vissuto sempre e solo in un certo modo, e in un solo luogo: la montagna.

Possiamo immaginare la Silvia, la zia, sebbene non ci vengano mai descritte, possiamo vedere l’Otto e il Gion Baretta, il Luis e l’Alexi che discutono. Immaginarli e vederli, come se fossero seduti al tavolo accanto al nostro, in questa storia che non ha inizio e non ha fine, perché finché c’è qualcosa da bere, c’è anche qualcosa da raccontare.

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