LARMANDILLO

Massimo Busacca, dentro la mente di un grande arbitro

Dall’adrenalina del campo alle decisioni più controverse: il ticinese ospite de LARMANDILLO

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L'ex direttore di gara in mezzo a Casolini e Ceroni

L'ex direttore di gara in mezzo a Casolini e Ceroni

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Quando un ticinese pensa alla figura dell’arbitro il primo nome che gli salta alla mente è il suo: Massimo Busacca. Nato e cresciuto a Bellinzona, nella sua carriera ha potuto vivere in prima persona momenti indimenticabili e difficili da spiegare a parole. Il Mondiale in Germania del 2006, la prestigiosa finale di Coppa UEFA del 2007 e la convocazione alla rassegna iridata in Sudafrica del 2010 sono solo alcuni dei compiti di altissimo livello eseguiti dal bellinzonese, che lo hanno portato ad essere eletto come miglior arbitro dell’anno nel 2009. “Per me l’obiettivo quando entravo in campo era capire il giocatore, non aspettarlo al varco per dargli un cartellino giallo. Questo non vuol dire cercare compromessi, ma riuscire a capire il calciatore, che in quel momento ha tanta adrenalina, vuole vincere la partita e tu devi riuscire a riportarlo sul pianeta terra”.

Tra le designazioni più importanti per il direttore di gara svizzero però, c’è sicuramente lei: la finale di Champions League del 2009 tra Barcellona e Manchester United. “Quella partita... la tua finale... neanche studiata a tavolino poteva essere così, un match che ha visto otto falli per tempo e si è praticamente arbitrato da solo. Ed è qui che mi piace sottolineare come l’arbitro non ha pagato il biglietto e può vivere dal campo incontri memorabili, proprio come questo che ha visto peraltro un fairplay incredibile”.

Oggi il bellinzonese ricopre il ruolo di capo del dipartimento arbitrale FIFA, una funzione che richiede esperienza e professionalità. E, visto il suo incarico, durante l’episodio Busacca ha espresso il suo pensiero sull’arbitraggio moderno. “Per fare il direttore di gara è importante conoscere il gioco del calcio. Oggi un arbitro deve masticare calcio, questo vuol dire vederlo, guardarlo e aver giocato a calcio, ma non per forza a grandissimi livelli. Quando arrivi a un certo livello, non è più la regola del gioco e basta che conta, ma è saperla interpretare bene, saper capire se quel gesto, quella spinta ha influito o meno in un determinato contatto”.

Nel salotto de LARMANDILLO di Nicolò Casolini e Armando Ceroni, il ticinese si è raccontato in lungo e in largo, ripercorrendo la sua carriera e lasciando emergere tutte le emozioni vissute sul campo. Tra momenti segnati da scelte difficili e altri di pura adrenalina, il racconto del 56enne fa davvero capire cosa significa vivere lo sport del calcio dal punto di vista di un arbitro.

L'ex direttore di gara in mezzo a Casolini e Ceroni
46:10

Dentro la mente di un grande arbitro - Massimo Busacca

RSI LARMANDILLO 17.11.2025, 12:47

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