Hnat Domenichelli, ospite a Sport Non Stop, ha parlato della lettera aperta scritta sulla base dei suoi venti anni di esperienza nel mondo del disco su ghiaccio. In "The Hockey Sickness" l'agente tratta il problema della depressione che colpisce, soprattutto in Canada, i giocatori. E che ha toccato anche lo stesso ex attaccante di Ambrì e Lugano.
"Quando giochi ti convinci di stare bene, di non avere problemi. Quando smetti inizi a realizzare che la vita reale non è quella che stavi vivendo quando eri un atleta professionista. Il mio problema era che pensavo solo alla partita e al giorno successivo. Se giocavamo al sabato, la domenica non riuscivo a stare bene in famiglia perché pensavo troppo all'hockey. E questa non è una cosa sana e ho capito che c'era qualcosa che non andava. È una malattia che bisogna curare. Io l'ho fatto con un professionista, che mi ha aiutato a uscire da questo buco".
"Essere un giocatore di hockey è quello che fai, non quello che sei!"
Hnat Domenichelli
"È una scelta che fai da bambino ma non è in nessun caso quello che sei come persona. Esiste un termine usato abitualmente al giorno d’oggi che acuisce il problema, quando ti identificano dicendo: “È un giocatore di hockey!”. Molti ragazzi cominciano a pensare che questo è tutto quello che sono e perdono il senso della realtà. Questo è ciò che è capitato a me".
"Il tuo benessere personale non dovrebbe cambiare in base al fatto di essere scelto al primo turno del draft o al fatto di giocare in AHL o in NHL oppure al riuscire o meno a soddisfare le attese di un allenatore. Ma i giocatori vivono così".
In studio se ne è parlato con Luca Berva, di StarTI, organizzazione che si occupa della salute prevenzione nello sport.
The Hockey Sickness
The Hockey Sickness
di Hnat Domenichelli
È una malattia che colpisce migliaia di giovani atleti e genitori nel mondo ma soprattutto in Canada. I sintomi sono così leggeri che non vengono notati per anni e solitamente quando vengono alla luce è troppo tardi per curarli! Sto parlando della malattia dell’hockey.
Cosa è la malattia dell’hockey? La maggior parte delle persone non ne ha mai sentito parlare, non la si trova su nessun libro, nessuna medicina la farà sparire, non abbiamo nemmeno la prova della sua esistenza, ma la malattia esiste, lo so perché l’ho avuta! Fidatevi, se non viene curata può rovinarvi la vita!
Mi chiamo Hnat Domenichelli e questa è la mia storia riguardo la malattia dell’Hockey.
A sedici anni ho lasciato casa mia ad Edmonton per andare a giocare nel campionato junior. Tutto quello che ho fatto da quel giorno è stato motivato dalla volontà di diventare un professionista. Le mie decisioni nella vita, le mie emozioni, il mio stato d’animo, tutto ruotava attorno al gioco dell’hockey. L’hockey è diventato la mia identità come persona. Se vincevamo ero felice, se perdevamo o se non giocavo bene ero lunatico. Tutto ruotava attorno al mio sport. Chi stava attorno a me lo accettava perché, almeno credo, ero un talento agli occhi di chi mi stava vicino. Non immaginavo che nei diciassette anni seguenti avrei lentamente sviluppato questa terribile malattia. Penso che più del cinquanta per cento dei giocatori al giorno d’oggi soffra in qualche modo di questo disturbo, ma se andate a chiedere, meno del cinque per cento ammetterà di avere questo problema.
Le cose per me sono peggiorate esponenzialmente nel luglio del 2010, nell’estate in cui morì mio padre.
Fino a quel momento sentivo di dover giocare ad hockey per fare buona impressione su mio padre. Non era colpa sua, e adesso so che a lui non importava che io giocassi ad hockey, ma questa cosa la sentivo dentro di me senza nemmeno realizzare di cosa si trattasse. Dopo quella estate le cose cambiarono, l’hockey non era più la stessa cosa per me, ma non sapevo perché. Ero depresso e la cosa cominciava a riflettersi sulla mia vita privata. Ho capito di avere bisogno di aiuto, avevo la malattia dell’hockey!
Io la chiamo così, ma a dire il vero la malattia dell’hockey è solo una definizione che utilizzo per descrivere quanto mi è successo. Quello di cui si tratta è una mancanza di identità personale. Per fortuna nel mio caso, grazie al grande aiuto di mia moglie e della mia famiglia sono felice di poter dire di aver completamente sconfitto la malattia dell’hockey.
Essere un giocatore di hockey è quello che fai, non quello che sei! È una scelta che fai da bambino ma non è in nessun caso quello che sei come persona. Esiste un termine usato abitualmente al giorno d’oggi che acuisce il problema, quando ti identificano dicendo: “È un giocatore di hockey!”.
Molti ragazzi cominciano a pensare che questo è tutto quello che sono e perdono il senso della realtà. Questo è ciò che è capitato a me.
Il tuo benessere personale non dovrebbe cambiare in base al fatto di essere scelto al primo turno del draft o al fatto di giocare in AHL o in NHL oppure al riuscire o meno a soddisfare le attese di un allenatore. Ma i giocatori, di contro, vivono così. Gli esperti dicono che l’hockey è un gioco soprattutto mentale. Sono d’accordo! Il cervello è un organo potente ed affascinante del nostro corpo, direi che è il più importante. Gli atleti passano il loro tempo ad allenare i muscoli delle gambe e le braccia quando invece è il cervello che ha bisogno del maggiore allenamento.
Ho voluto scrivere queste cose nella speranza di poter educare la prossima generazione di genitori e di atleti affinché siano coscienti dei pericoli legati alla malattia dell’hockey. I ragazzi devono capire che hanno il diritto di non essere i migliori della loro squadra e che restano dei ragazzi eccezionali anche se non arrivano in NHL.
I genitori devono capire che non aiutano ma danneggiano i propri figli nella loro crescita come individui quando si trasformano in allenatori durante il viaggio di ritorno a casa in macchina dopo una partita.
L’hockey è uno sport meraviglioso, per alcuni è anche un grande affare. Ancora oggi continuo ad amarlo. Se sei uno dei fortunati che gioca ad hockey, ricordati:
L’HOCKEY È QUELLO CHE FAI, NON QUELLO CHE SEI!