Sono le 18h28 dell’11 giugno 1955 e a Le Mans è in corso ormai da qualche ora la 23a edizione della leggendaria 24 ore. Mike Hawthorn, al volante della Jaguar, sta concludendo la 35a tornata in testa alla corsa, quando riceve il segnale di fermarsi a fare rifornimento. Frena bruscamente e scarta verso destra per imboccare la corsia dei box, tagliando la strada a Lance Macklin, appena doppiato. Nel tentativo di evitarlo, Macklin sbanda a sua volta e finisce sulla traiettoria della Mercedes di Pierre Levegh che sopraggiunge a tutta velocità e lo tampona. La vettura del francese decolla, si schianta sulle barriere di fronte alla tribuna prendendo fuoco e i rottami investono la folla. Levegh muore sul colpo, e con lui 81 spettatori. Oltre 120 rimangono feriti.
La gara prosegue, a vincere è lo stesso Mike Hawthorn, ma il risultato passa inevitabilmente in secondo piano. Da subito il tema della sicurezza nelle corse automobilistiche viene alla ribalta ed alcuni prendono delle misure drastiche. Mercedes, ad esempio, che decide di lasciare il motorsport (tornerà solo nel 1987), o le autorità svizzere, che vietano ogni tipo di corsa automobilistica sul proprio territorio. E così niente più Gran Premio di Svizzera, che dal 1934 si teneva con successo a Berna sul circuito di Bremgarten, salvo che per due edizioni, nel 1975 e nel 1982, svoltesi però in Francia. La sicurezza nelle corse è nel frattempo migliorata, riaprendo il dibattito sulla necessità di una tale legge e nel 2018 si è potuto tornare a gareggiare, in Formula E, grazie ad una deroga riservata alle vetture elettriche. Nel 2022 il parlamento ha definitivamente abrogato il divieto, ed è quindi possibile che in futuro i motori torneranno a rombare sul suolo elvetico. Ma a settant’anni di distanza la tragedia di Le Mans rimane uno spartiacque nella storia del motorsport nel nostro Paese.