Accabadora - Michela Murgia
«Non c’è nessuno che arrivi al suo ultimo giorno senza aver avuto padri e madri a ogni angolo di strada»
Buongiorno, sono Robin e frequento un Monomaster intitolato Studi italiani all’Università di
Zurigo in collaborazione con la Sapienza di Roma. Oggi vi presento Accabadora di Michela Murgia
pubblicato da Einaudi.
Si tratta di un romanzo breve, che ha come protagoniste due donne – la giovane Maria e l’anziana
Bonaria Urrai – che vivono a Soreni (ipotetico paesino dell’entroterra sardo), e tratta due temi
tanto fondamentali quanto delicati: l’adozione e l’eutanasia.
Michela Murgia, classe ’72, è un’autrice sarda con numerose pubblicazioni all’attivo, ma non è solo
un’ottima narratrice e un’attenta saggista, bensì anche una persona molto impegnata e attiva, che
non smette mai di osservare criticamente la realtà attuale per evidenziarne problemi non risolti e
ingiustizie sociali.
Con Accabadora, vincitore di numerosi premi nel 2009 tra cui il prestigioso Campiello, Murgia ci
porta in una Sardegna degli ’50, che sembra quasi conservare una realtà di un tempo senza tempo
e con una lingua scabra e poetica insieme, interroga il nostro mondo attraverso quella realtà
lontana dal suo equilibrio segreto e sostanziale.
«Fillus de anima. È così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e
dalla sterilità di un’altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell’anima di
Bonaria Urrai.»
Con quest’adozione particolare, la piccola Maria lascia la famiglia povera per diventa figlia d’anima
di Bonaria ed entrambe vivono questo legame felici, nonostante i pettegolezzi del paese. Eppure
c’è qualcosa di misterioso: la vecchia Tzia lavora come sarta ma la gente di Soreni ne sembra quasi
intimorita.
Quello che tutti sanno infatti, ma che Maria non può nemmeno immaginare, è che Tzia Bonaria
Urrai oltre a cucire abiti è un’accabadora, cioè una donna che porta la morte alle persone in fin di
vita e in condizioni di malattia per cui vivere significa soffrire.
Nell’inconsapevolezza di Maria tutto è tranquillo finché un giorno a richiedere l’intervento
dell’accabadora è il fratello del suo migliore amico, dopo aver perso una gamba e nulla sarà più
come prima…
Eccoli dunque i due temi importantissimi e centrali, che si intrecciano continuamente nel libro. Ciò
che mi ha colpito e convinto, è come non siano mai trattati in maniera didascalica, anzi come
vengono tematizzati nella quotidianità del paesino sardo. Dunque Murgia riesce a raccontarci una
storia avvincente, con una bell’affresco della sua terra d’origine e a innervarla con queste
tematiche: l’adozione e l’eutanasia. Un altro grande pregio è la riflessione indotta da alcune frasi
rivelatorie che arrivano quando si è completamente immersi negli eventi. Sono affermazioni con
cui l’autrice chiude una scena che non possono far altro di farci ripensare l’episodio o il capitolo
con una prospettiva diversa, sotto una nuova luce.