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Le fiabe - Guido Gozzano

Qui sta la forza delle fiabe: capaci di parlare oltre il tempo a ciascun tempo.

  • 24.12.2022
  • 4 min
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Nei brividi dell’agonia, la rondine aveva delirato, sospirando il mare, i fiori, i palmizi, la primavera senza fine. E Nevina da quel giorno sognava le terre non viste.

Sono Marta Pizzagalli, studio letteratura all’USI e oggi vi parlo delle fiabe di Guido Gozzano. Gozzano, scrittore torinese che viene spesso anche studiato a scuola, lo conoscete probabilmente più come poeta che come scrittore per bambini, eppure la sua produzione è ampia anche in questo campo: di fiabe ne ha scritte venticinque, che nel primo Novecento sono state pubblicate su riviste e in due raccolte. Le fiabe più belle sono quelle uscite sul «Corriere dei Piccoli» e sono racconti in cui Gozzano unisce il folklore, la tradizione della fiaba letteraria, dal Basile a Perrault (per dirne solo due), e la propria personale poetica.

Mi affascinano molto le fiabe per la capacità che hanno di raccontare storie generali ed emblematiche, con personaggi altrettanto generali, ma che ogni epoca e ogni persona può, se vuole, rendere precisi, concreti e significativi. Ciò vale anche per le fiabe di Gozzano e vi farò un solo esempio che mi ha colpita particolarmente. Si tratta della storia di Piumadoro e Piombofino, due personaggi affetti da due opposte maledizioni: Piumadoro è estremamente leggera, tanto da volar via; Piombofino è estremamente pesante, tanto da affondare nel terreno. Ecco questa vicenda, raccontata oggi, a me è parsa una possibile voce e rappresentazione del dramma dell’anoressia e dell’obesità e del lungo e faticoso percorso verso l’accettazione e l’equilibrio. Non che Gozzano lo avesse in mente mentre scriveva, beninteso; ma proprio qui sta la forza delle fiabe, capaci di parlare oltre il tempo a ciascun tempo, proprio poiché sono raccontate con forme generali, che quindi possono prendere il volto e la forma che il narratore particolare necessita di dar loro.

Le fiabe di Guido Gozzano sono state scritte nel primo decennio del Novecento. Gozzano nasce nel 1883 ad Aglié, in provincia di Torino, e muore prematuramente nel 1916, a trentadue anni, malato di tubercolosi. Di lui sono noti soprattutto I colloqui, il libro di versi che lo consacra come poeta e per il quale è stato spesso considerato padre e anticipatore dei poeti crepuscolari.

Le trame delle fiabe di Gozzano sono spesso topiche e tradizionali; eppure non è raro che i finali creino uno scarto rispetto al consueto lieto fine, talvolta anche con una certa ironia: infatti, i conclusivi sposalizi principeschi non sempre avvengono come previsto dato che c’è chi preferisce alla principessa una compaesana contadina, chi si dissolve nell’aria con la sua bella, chi accetta di sposarsi a condizione che anche la propria sorella lo segua in altrettante ricche nozze e c’è, anche, chi non si sposa affatto ed è destinato alla distanza dall’amata.

Trovo poi molto bello anche il linguaggio usato da Gozzano; la sua capacità poetica non si limita infatti ai versi: l’acuta delicatezza della poesia è anche in queste sue prose, nelle descrizioni e negli accostamenti fonici delle parole. Sebbene brevi, le fiabe di Gozzano hanno una prosa melodica che dice molto della cura e dell’attenzione del poeta per l’armonia della lingua, fatto che rende poi particolarmente piacevole la lettura. Nelle fiabe, il legame con la poesia si mostra anche negli incipit delle fiabe, dove spesso Gozzano sostituisce al solito «c’era una volta» delle simpatiche filastrocche dell’assurdo, che introducono il lettore nel mondo della fantasia in cui tutto è possibile.

La mia fiaba preferita è Nevina e Fiordaprile, che racconta del breve viaggio della principessa delle nevi nelle terre del sole. Pur rischiando di finire in tragedia, Gozzano risolve la fiaba con il topico lieto fine che, tuttavia, non cancella il sapore amaro e nostalgico dell’epilogo. È l’amaro in bocca che resta difronte al frustato desiderio di Nevina di conoscere e gustare le bellezze dell’estate e della natura floreale e vivente: impossibile a lei, principessa delle nevi, poiché al suo passaggio diffonde il gelo e costringe la vita e chiudersi e a fuggire.

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