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Camera d’eco

Sembrava bellezza - Teresa Ciabatti

Un romanzo che assomiglia un po' a una scatola di fantasmi. Fantasmi che provengono dal periodo forse più oscuro e ambiguo dell’esistenza, l’adolescenza.

  • 21.1.2023
  • 4 min
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La persona che sei adesso ha l’occasione di evitare l’irreparabile. La tua seconda possibilità, per riparare al passato. Allora chiudo gli occhi, chiudo forte gli occhi, sono diventata scrittrice per questo: inventare, sistemare.

Ciao, il mio nome è Francesca Rodesino e sono una dottoranda in italianistica dell’università di Zurigo. Il libro di cui oggi vorrei parlarvi s’intitola «Sembrava bellezza». Si tratta dell’ultimo romanzo di Teresa Ciabatti, scrittrice nata a Orbetello negli anni ‘70, ed è uscito per Mondadori nel 2021. In questo romanzo, Ciabatti riprende il genere dell’autofiction, o dell’autobiografia menzognera come preferisce intenderla l’autrice stessa, già sperimentata in precedenza, con il romanzo del 2017, dal titolo «La più amata».

«Sembrava bellezza» assomiglia un po’ a una scatola di fantasmi. Fantasmi che provengono dal periodo forse più oscuro e ambiguo dell’esistenza, l’adolescenza, e chiedono alla protagonista del romanzo, di cui non verrà mai svelato il nome, di tornare indietro nel tempo, ritrovando però, non soltanto la sua storia personale, ma il dramma di un’intera generazione di giovani donne.

La protagonista di «Sembrava bellezza» è una scrittrice di successo di quarantasette anni che ha una figlia, Anita, con la quale vive un rapporto conflittuale. A distanza di trent’anni dall’ultimo incontro, questa scrittrice ritrova la sua migliore amica dell’adolescenza, Federica. Il passato prende quindi il sopravvento e con esso il senso d’inadeguatezza giovanile della narratrice, ma anche la storia di Livia, la bellissima sorella maggiore di Federica, caduta una notte dal balcone di casa all’età di diciassette anni. Quella caduta provocò a Livia irreparabili danni cerebrali, trasformandola in una bambola rotta, per sempre prigioniera di quell’età. La protagonista è invece prigioniera del senso di colpa, perché la notte dell’incidente era a dormire a casa di Federica e aveva visto Livia uscire sul balcone.

Il tentativo della protagonista di ripercorrere la propria adolescenza per sciogliere quei nodi che ancora non le danno pace produce nel libro un mescolamento continuo tra i piani temporali e tra la realtà e la fantasia, che stordisce, anche perché si abbina a uno stile molto rapido e impressionistico. Sintomatica è la frase che si legge all’inizio del romanzo: «i fatti e le persone in questa storia sono reali», altro non lo è. L’indagine del passato dalla protagonista rifluisce così nell’indagine intorno alla sua attendibilità in quanto narratrice, che gioca al «bluff» con la lettrice e con il lettore, affermando continuamente: sto «mentendo», sto «recitando».

Dietro al tema del confine labile tra la realtà e la finzione e a quello del non sentirsi adeguate, in questo romanzo si intrecciano però varie altre tematiche — i corpi non conformi, il rapporto tra la città e la provincia, l’identità, il tempo, l’amicizia e l’essere madre — che ne fanno un romanzo urgente e attuale.

Bisogna però dire che «Sembrava bellezza» è un romanzo per molti versi respingente, perché è ricolmo di sentimenti velenosi e ambigui: il compiacimento, il senso di rivalsa che si trasforma in vendetta, l’umiliazione. Al di sotto di questa dimensione aspra possiamo però scoprire anche una storia diversa, che racconta la possibilità di perdonare e soprattutto di perdonarsi.

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