Seconda di quattro puntate: Fuga dal carcere

Edizione straordinaria

Quando la cronaca diventa storia di Lorenzo Buccella e Lorenzo Mammone

  • 20 novembre 2023, 15:42

Fuga dal carcere

RSI Alla RSI 20.11.2023, 12:09

“Riraccontare quei fatti di cronaca che tanto segnarono l’immaginario collettivo diventa così l’occasione per rileggere quegli eventi con il distacco del tempo, sottraendo i fatti alle polemiche più feroci dell’immediato ma al tempo stesso cercando di capire il contesto più profondo dell’epoca. Là dove si vedono gli scarti rispetto al passato così come le eredità che si sono sviluppate in seguito. Al fondo del racconto, quindi, non c’è alcuna volontà di ricolpevolizzare chi aveva commesso reati né di assolverli attraverso la giustificazione dello spirito del tempo”. 

Lunedì 27 novembre dalle 21.10 su LA 1


Parole di Lorenzo Buccella e Lorenzo Mammone, gli autori di Edizione straordinaria, ribadite online a Matteo Pelli su rsi.ch/play nella presentazione del progetto che, dopo “La strage di Rivera”, approda lunedì 27 novembre dalle 21.10 su LA 1 al secondo dei quattro appuntamenti: “Fuga dal carcere”. Un evento drammatico che le cronache del tempo avevano definito “Un’alba di sangue”. Era il 3 ottobre 1992


La narrazione di quel giorno. Bastano solo pochi secondi e la strada si trasforma in un campo di battaglia. Colpi d’arma da fuoco che partono a raffica, penumatici che stridono sull’asfalto, finestrini infranti, grida. E tutto questo lì, alle 6 di mattina, sulla strada d’uscita dal carcere della Stampa. 


Solo pochi minuti prima, il silenzio era qualcosa di spettrale. Non soltanto per le brume autunnali, ma per il carico d’attesa che da ore si stava respirando. Fino a quando tutto prende il via. Di colpo due auto iniziano ad allontanarsi dal penitenziario cantonale, fendendo con i fari l’ultimo scorcio della notte. Ma gli occupanti non sanno che là fuori c’è chi li sta aspettando e ha previsto tutto. Appostati lungo la strada e sugli stabili, decine di poliziotti e agenti delle forze speciali. Il tentativo di bloccare la fuga con due semplici posti di blocco fallisce così come l’illusione della ritrovata libertà per otto detenuti si brucia nello spazio di nemmeno un chilometro. 


“Tutti sapevano ma alla fine si scatena l’inferno. Per la prima volta, un tentativo di evasione dal carcere si trasforma in una gigantesca sparatoria”


Nella sparatoria che si scatena, muoiono due carcerati e un agente di custodia, complice dei banditi. Il bilancio è pesante, la dinamica forse ancor più allarmante.  


Sono passati più di 30 anni dalla morte dei detenuti Pietro Leandri e Anasco Villalon e dell’agente di custodia Michele Andreazza. Tre morti, forse, evitabili se ci fosse stata maggiore collaborazione tra polizia e direzione del carcere. Forse, se le informazioni fossero circolate. Forse, se il comportamento della polizia non avesse dimostrato “gravi mancanze”, come scriveva il procuratore Luca Marcellini nella sua sentenza di non luogo a procedere sull’operato delle forze dell’ordine. Tanti “forse” che possono essere capiti solo riavvolgendo il nastro di quella vicenda. La fuga era stata programmata da tempo e la polizia era stata informata con almeno due settimane di anticipo. E allora perché quella strage? 


È il 16 settembre 1992 quando la polizia riceve le prime indicazioni su una possibile evasione. Un informatore rivela che i detenuti hanno armi e possono contare sulla complicità di agenti di custodia. La polizia prende sul serio l’informazione, ma non avverte la direzione del carcere. Gli eventi si concatenano inesorabilmente e prefigurano la sciagura. 


Per non destare sospetti la polizia evita di perquisire il carcere e di interrogare i colleghi di Andreazza; si limita a tenerlo sotto controllo. E aspetta. Nessun sospetto neanche quando Andreazza paga sull’unghia, coi soldi ricevuti a Como per la sua collusione, l’auto poi usata per l’evasione. Ancora una volta la polizia non fa nulla. Si decide di aspettare e di arrestare i fuggiaschi all’esterno del carcere, in flagranza di reato, tutti assieme. 


Ma le cose non vanno come previsto. E rieccoci a quel 3 ottobre 1992, 6 del mattino.  


Di fronte a quella carneficina l’opinione pubblica si divide: chi si schiera a fianco della Polizia e chi parla di intervento eccessivo e di violazione del principio della proporzionalità. Eppure, le inchieste penali e amministrative assolvono politici e polizia. Un vuoto di responsabilità che trent’anni dopo lascia ancora sul campo interrogativi e perplessità, oltre a rappresentare una delle pagine più buie della storia di questo cantone. 

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