Ci sono personaggi che entrano a far parte della storia di una comunità, diventando simboli di una materia, di un mondo, di un’epoca. Angelo Conti Rossini, che alla fine degli anni Sessanta fu il primo chef ticinese a ottenere due stelle Michelin, è senz’altro uno di loro. Nel 2023 avrebbe compiuto cento anni, ma ricordarlo oggi non significa, naturalmente, dedicarsi a una semplice narrazione di carattere culinario. “Angelo Conti Rossini, el mè Pa” si immerge invece in un’esplorazione profonda e sensibile dell’uomo dietro al personaggio e lo fa attraverso la lente dei ricordi intimi narrati in prima persona dalla figlia di Angelo, Monica. Unendo passato e presente, il documentario ne tratteggia così un’immagine vivida, anche attraverso i ricordi delle collaboratrici e dei collaboratori e di chi lo ha conosciuto. Emergono così sfaccettature di un carattere tutto fuorché monocorde e il ritratto di un uomo la cui influenza si estende ben al di là della cucina.
In studio con Rachele Bianchi-Porro ci sarà allora uno degli eredi di Conti Rossini, che proprio grazie a lui si appassionò al mondo delle cucine e che, a sua volta, si è guadagnato notorietà e riconoscimenti, come la prima stella Michelin assegnata in Europa a un ristorante vegetariano: Pietro Leemann.
Leeman ha spiegato così il suo stile: “Quando ho aperto Joia per me era necessario avere una città che mi accogliesse perché allora la cucina vegetariana era molto elitaria e il Ticino era un po’ piccolo per il tipo di cucina che sognavo e sarebbe stato difficile realizzare quello che pensavo di fare: un approccio globale, inteso a nutrire i corpi ma anche alimentare una nuova coscienza. Non solo un’offerta ristorativa, il Joia è un luogo di riflessione che ha contribuito alla trasformazione e alla consapevolezza alimentare che si è diffusa. L’unica via è l’autonomia di scelta delle persone, che devono poter avere spazi di pensiero non inquinati dal rumore di fondo persistente che tende a opprimerci nel quotidiano. Il cibo è anche questo, è uno strumento per collegarsi con sé stessi, per distinguere il buono e giusto; un cibo artificiale può essere buono in superficie, ma poi si avverte la sua negatività. L’essenza umana sta in quella purezza da riscoprire, ritrovare e preservare.”
Quanto a Conti Rossini e alle sue scelte in cucina, leggiamo in un articolo di Pietro Filippini una sua dichiarazione ricca di impegno pubblicata su rsi.ch in occasione del Centenario: “La mia cucina è una mescolanza di gastronomia regionale, ispirata dagli insegnamenti francesi, ma con molta libertà e fantasia. Per preparare anche il piatto più semplice si deve conoscere profondamente la tradizione, solo in un secondo tempo si può allontanarsene, badando però a mai tradirla. Ricercando noi stessi, forse ritroveremo il Ticino, libero da forze esterne. Ci salveremo e lo salveremo”.
Un personaggio, come si evidenzia ancora nell’articolo: “... un po’ anarchico, un po’ conservatore – a detta sua –, una forza della natura – racconta chi lo ha conosciuto –, passionale, genuino, che amava il Ticino, perfezionista e dittatoriale in cucina, amico ineffabile, lui, divoratore di libri, un po’ filosofo, un po’ poeta”.
LA 1, Storie, “Angelo Conti Rossini, el mè pa”, documentario di Paolo Vandoni, domenica 4 febbraio, 20.20