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La Recensione

“La cantacronache della canzone nordamericana”

Suzanne Vega torna con un album a dieci anni di distanza dall’ultimo

  • 11.06.2025
  • 15 min
  • Franco Fabbri
  • Imago Images
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Flying with Angels è il decimo album di Suzanne Vega, ed esce a quasi dieci anni di distanza da quello precedente. Dieci anni che sembrano essere serviti alla cantautrice per ritrovare aspetti del suo stile – come compositrice e come autrice di testi – che la caratterizzano fin dall’esordio, che risale a ben quarant’anni fa. La sua voce è sempre fresca, la comunicazione è diretta, da cantante folk urbana, da cantastorie (di piccole storie). Il sound è ancora acustico-elettrico, in un folk-rock il cui modello inevitabile è il Dylan da metà degli anni Sessanta in poi. Vega è sempre stata aiutata da produttori che hanno lasciato il segno: qui è Jerry Leonard, che ha lavorato con Rufus Wainwright e Laurie Anderson; in passato è stato Mitchell Froom, con il suo suono “scuro”, inconfondibile nelle collaborazioni con Richard Thompson. Froom è stato anche sposato – brevemente – con Suzanne Vega, e la loro figlia Ruby è presente nell’album come seconda voce, nella commovente “Last Train from Mariupol”. Il realismo della vita quotidiana, che è la sostanza del minimalismo letterario statunitense (dal precursore Raymond Carver a David Leavitt, a Grace Paley), risuona in molti testi della Suzanne Vega di oggi, come in quella degli anni Ottanta: a quell’epoca, tra l’altro, risale la sua collaborazione con Philip Glass (che ha sempre rifiutato l’etichetta di “minimalista”) per due testi nell’album di canzoni Songs from Liquid Days. Gli altri autori, per dare un’idea dell’ambiente, erano Paul Simon, David Byrne, Laurie Anderson. Nel secondo album di Vega, Solitude Standing, del 1987, il primo di grande successo, compaiono canzoni esemplari nel panorama angloamericano, “Luka” (la vicenda di un ragazzino maltrattato) e “Tom’s Diner” (la microcronaca degli avvenimenti in un bar newyorchese). Quest’ultima fu utilizzata come test dai tecnici del Fraunhofer Institut di Francoforte per sperimentare i primi convertitori al formato mp3: era cantata a cappella, conteneva silenzi problematici e non c’erano suoni strumentali a mascherare eventuali malfunzionamenti del software. Realismo e fantasticheria non sono in contraddizione: ce lo dimostra Suzanne Vega in “Chambermaid”, nella quale la sua voce narrante dice di essere la cameriera “del grand’uomo”, nemmeno troppo segretamente innamorata di lui, e che pulisce le briciole dalla sua macchina da scrivere. La musica è quella di “I Want You” di Bob Dylan, e chi abbia mai visto uno dei fogli pasticciati scritti a macchina dal cantautore premio Nobel non avrà dubbi sull’identità del vero protagonista anonimo della canzone.

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