Chi può dire di non essersi mai imbattuto nel Dies irae della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi? Considerata certamente un indiscusso capolavoro della musica sacra del XIX secolo, ma anche tra le pagine più amate del repertorio musicale colto occidentale, è oggetto di indagine del testo “La vera storia del Requiem di Verdi, 22 maggio 1874”, firmato Matteo Marni, dottorando di ricerca in Storia della Musica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e pubblicato da Giampiero Casagrande editore. Estremamente interessante l’attenta contestualizzazione di questa opera d’arte rispetto al contesto sociale, politico e culturale che l’ha generata, con naturale riferimento all’oggetto della celebrazione di quell’Alessandro Manzoni, scomparso il 22 maggio 1873, patriota e impegnato per l’unità di Italia con cui il compositore condivideva, quindi, i valori tipici del Risorgimento. Ma anche, come recita l’introduzione, “paladino di un cattolicesimo moderno e sostenibile, portatore di una fede sincera e libera […]”. Il Requiem fu, come sappiamo, eseguito nel primo anniversario della morte di Manzoni, il 22 maggio 1874, nella chiesa milanese di San Marco. E dalla consultazione di un foglio di appunti, redatto proprio nei giorni di allestimento della prima esecuzione dall’allora parroco e conservato nell’archivio parrocchiale, pare non essere in dubbio che quella partitura - straordinariamente capace di combinare elementi della tradizione sacra con la potenza espressiva del teatro musicale - avesse destinazione liturgica e dovesse vedere la luce in occasione della messa di suffragio per l’anima di Manzoni.
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