Il mondo dell’éntechno, un genere fondato da Milis Theodorakis negli anni Cinquanta come “éntechno laïko traghoudi” (canzone popolare d’arte) assomiglia sotto molti aspetti alla chanson à texte francese o alla canzone d’autore italiana. Rispetto a quest’ultima ci sono alcune differenze significative. Ad esempio, esistono interpreti che si dedicano quasi esclusivamente all’éntechno e al genere popolare al quale Theodorakis si ispirò, il rebetico, ma che non sono autori o autrici, come Eleftheria Arvanitaki, Melina Kaná, Eleni Tsaligopoulou, e anche Ioulía Karapataki. Poi, è frequente che in un album intestato a un certo autore/interprete siano presenti canzoni cantate da altri (anche cantautori); similmente (e di conseguenza), in un concerto di un autore/interprete alcune canzoni possono essere cantate da altri. Spesso, se l’autore/interprete è un uomo, l’altra voce è quella di una donna, ma non si tratta tanto di una corista, quanto di una co-interprete. In questo ruolo hanno iniziato la loro carriera cantanti che poi sono diventate apprezzatissime soliste, come Melina Kaná. E ora è il caso di Ioulía Karapataki, che negli ultimi anni è stata la spalla di Sokrátis Málamas, forse il cantautore più amato in Grecia dagli anni Novanta in poi. Purtroppo, la discografia greca ha subito gravissimi danni dalla crisi economica, dal Covid e dalla “piattaformizzazione” della musica, e nell’ultimo decennio le pubblicazioni di album delle figure di maggior spicco dell’éntechno sono state rarissime. Alcuni, come Málamas, sono riusciti a comunicare col loro pubblico registrando in proprio e pubblicando su YouTube, ed è lì che abbiamo conosciuto Ioulía. Adesso, a quanto pare, tocca a lei decollare da sola, affacciandosi anche alle platee internazionali: in questi giorni la si può ascoltare in Lussemburgo, ad Amsterdam, a Berlino, a Londra. E probabilmente è per questo che è stato messo insieme questo album, con un titolo che vuol dire Ioulía Karapataki all’Ogdoo, dove Ogdoo è un conglomerato mediatico greco che comprende editoria, radio, web, dischi. Ci sono quattro tracce registrate a nome di Ioulía, che sarebbero state poche per un lancio internazionale, ma qualche tempo prima Ioulía aveva prestato la sua voce in molte canzoni di un altro album pubblicato da Ogdoo, Ta Déftera, intestato a Fotis Siotas, e aggiungendo quelle ne è venuto fuori un album intero con la voce di Karapataki in primo piano. Nato forse per una furbizia commerciale, l’album comunque non ne porta tracce, perché Siotas è un ottimo giovane compositore (oltre che cantante), e l’autore dei testi è Thodorís Gkonis, quasi settantenne drammaturgo e poeta, che conferma un carattere quasi esclusivo del mondo della poesia letteraria greca, quello di amare la canzone e di prestarsi senza remore né snobismi a sostenerla. Non si tratta di “parolieri” con pretese: si tratta di letterati che pubblicano libri di poesie e che collaborano volentieri con i compositori dell’éntechno. Nel caso di Gkonis, Nikos Xydakis, Manolis Lidakis, Orfeas Peridis, Pantelis Thalassinós e molti altri. Nella musica e nei testi l’album di Karapataki guarda al rebetico non solo come fonte di ispirazione dell’éntechno, ma come una tradizione da ricreare: per chi ha amato la canzone greca negli anni Novanta e Duemila, prima della crisi, un soffio d’aria fresca.
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