Può la musica contribuire a migliorare l’uomo, la società? Può contribuire al progresso della civiltà?
Interrogativi del genere sono antichi come la musica stessa, non di rado concepita o addirittura tollerata unicamente come “strumento” educativo, civile o religioso. Amata, esaltata, imposta o disprezzata o proibita, molto spesso nel corso della storia, la musica si è trovata coinvolta in conflitti o dispute ideologiche, a volte per scelta, altre volte involontariamente. La casistica è sterminata, ancor più della pur vasta letteratura che si è occupata e si occupa di tali questioni. È anche per questo che, ripetutamente, la musica è stata accostata alla scienza (o arte?) del diritto, entrambe accomunate dall’essere fondate su leggi, tradizioni, prassi, interpretazioni.
Giustizia e musica, a cura di Sonya Beretta e Giacomo Fornari, di recente uscito per Pacini Editore, è un volume che già dal titolo indica il proprio orizzonte, ossia indagare le relazioni fra queste due sfere, così apparentemente lontane, eppure così affini e dialoganti. Il sottotitolo chiarisce e restringe il campo di cui si occupano i dieci scritti inclusi nel volume: “Alla vigilia della Rivoluzione francese. Nei lager della Seconda guerra mondiale”. Dunque, la musica e il mondo: un puzzle le cui tessere, ogni volta sono da ricomporre e ogni volta rivelano qualche cosa di nuovo o di insospettato.
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