Il cercatore di tesori (Skattegraveren, in danese) è lo studioso e ricercatore Evald Tang Kristensen (1843-1929), considerato il più grande collezionista di cimeli e tradizioni popolari al mondo. Il suo patrimonio di canti e danze, giochi e indovinelli per bambini, ma anche fiabe, proverbi, credenze, superstizioni, leggende e aneddoti locali, risale alla seconda metà del diciannovesimo secolo ed è stato messo insieme da Kristensen in quasi cinquant’anni di lavoro attraverso innumerevoli interviste, spostandosi a piedi di villaggio in villaggio, di casa in casa, nella brughiera dello Jutland. Il compositore abruzzese Mauro Patricelli, che da anni risiede e lavora a Copenhagen, ha creato un’opera da camera, un’opera-documentario (come lui stesso l’ha definita), dedicata alla vicenda straordinaria di Kristensen, attraverso tre fasi: raccolta di parole (1867), raccolte di immagini (1895), raccolta di suoni (1907). Presentata con grande successo nella primavera del 2019 nel Takkelloftet, la sala dedicata alla musica contemporanea dell’Opera di Copenhagen, l’opera di Patricelli avrebbe certamente ottenuto altri allestimenti in giro per l’Europa (il critico del Financial Times ne scrisse come di «uno spettacolo affascinante, che conia un nuovo genere»), ma poi arrivò la pandemia. Il Teatro No’hma Teresa Pomodoro, a Milano, ha inserito Skattegraveren nel programma di un festival internazionale. Sulla scena c’è lo stesso Patricelli, al clavicembalo, la meravigliosa cantante e violinista Signe Asmussen (un soprano lirico-drammatico, ma inizia a cantare dopo qualche minuto, lasciando il pubblico attonito), il contrabbassista Thommi Andresson, il batterista Chano Olskaer e il percussionista Matias Escudero Seibaek. Sul palco però ci sono anche delle macchine da scrivere, delle pietre, delle vanghe e della ghiaia, oltre a degli schermi da proiezione dove scorrono le immagini del lavoro di Kristensen. I testi narrativi – ritmati, presentati in una modalità da coro greco – sono tratti alla lettera da una biografia e da un’autobiografia di Kristensen: a Milano erano recitati in inglese, con sopratitoli in italiano. I testi cantati, invece, sono nel danese in cui sono stati trascritti o registrati da Kristensen: le musiche sono state ricreate da Patricelli – se mancava l’annotazione della melodia – o orchestrati a partire dalla versione popolare originale.
Uno spettacolo emozionante, ma anche una bellissima lezione di storia e di antropologia, che il pubblico ha applaudito a lungo.
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