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La disfatta della Germania nazista fu accolta con sollievo in Svizzera che, anche in seguito, continuò a ritenersi un piccolo stato neutrale rimasto intatto grazie alla sua volontà di resistenza ai totalitarismi e a una politica accorta. In effetti il paese non fu occupato e riuscì a conservare l’autonomia istituzionale come stato di diritto democratico e federalistico. Eppure nella prima metà del Novecento le idee del Fascismo, nato in Italia all’inizio del Novecento e del Nazismo affermatosi in Germania negli anni Trenta ossia l’anticomunismo, il rifiuto della democrazia, il razzismo, l’antisemitismo e l'autoritarismo incarnato dal capo unico, avevano affascinato diversi esponenti del mondo politico e culturale della Svizzera dove queste correnti, pur costituendo un pericolo per la democrazia, rimasero marginali. Ma in che modo la Confederazione, accerchiata da regimi totalitari, riuscì a combinare la difesa nazionale e la cooperazione con le potenze da cui giungeva questa minaccia?
Ne parliamo con lo storico Mauro Cerutti, professore emerito di Storia contemporanea all’Università di Ginevra, autore di numerosi studi sul fascismo tra i quali si ricorda almeno il volume “Tra Roma e Berna. La Svizzera italiana nel ventennio fascista” pubblicato da Franco Angeli.
Prima emissione: 24 ottobre 2022
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