Marx nelle Alpi
Karl Marx, a differenza dell'amico Engels, non soggiornò mai nella Confederazione elvetica, terra che pur aveva accolto i patrioti italiani dopo il 1848 e, più tardi, anarchici come Malatesta e Bakunin, socialdemocratici come Bebel e Bernstein, rivoluzionari come Lenin e Rosa Luxemburg. Per questo, in passato, molti storici hanno parlato del socialismo come di una merce d'importazione, approdata nelle rispettive regioni linguistiche al seguito delle correnti migratorie e delle persecuzioni politiche.
La tesi è probabilmente discutibile. Ma è fuor di dubbio che nel nuovo Stato federale sorto con la Costituzione del 1848 il marxismo è giunto tardi e solo nei principali centri urbani. Altri indirizzi di pensiero come il sindacalismo e la dottrina sociale della Chiesa hanno esercitato una maggiore influenza.
Più che di una presenza di Marx bisognerebbe dunque parlare, nel caso nostro, di "tracce di Marx", di un Marx riscoperto soprattutto dalla nuova sinistra nella seconda metà del Novecento, prima e dopo il '68. E questo Marx è giunto anche nella Svizzera italiana, come ci raccontano oggi Christian Marazzi e Paolo Favilli, ospiti di Orazio Martinetti.
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