Nel 1893 la femminista Frances Glades, salendo per la prima volta su una bicicletta, dichiarava: «Chi riesce a padroneggiare una bestia come la mia Gladys, può padroneggiare anche la propria vita». Molto presto la bicicletta per le donne si è affermata come strumento di emancipazione. Dalla fine dell’Ottocento fino a oggi l’andare in bicicletta per le donne è stata però una strada tutta in salita: all’inizio osteggiate, viste con sospetto e pregiudizio, le donne in bicicletta hanno sfidato i sospetti e i pregiudizi dettati dalla morale comune, liberandosi di gonne e corsetti. La passione delle cicliste non si è fermata davanti a nulla; né di fronte ai divieti dei regimi, né ai rischi corsi durante la guerra e il periodo della Resistenza, né di fronte alle aperte ostilità riservate alle pioniere del ciclismo, un mondo popolato a lungo soltanto da eroi maschili. Il ciclismo femminile si è affermato grazie ai sacrifici delle pioniere e alle imprese sportive delle grandi campionesse degli ultimi decenni. Quali le figure di atlete che più hanno contribuito ad abbattere le barriere nella storia del ciclismo? A quale prezzo è stata conquistata la parità di genere e quali sono ancora i passi da fare per garantire parità di diritti e di accesso alla pratica del ciclismo? E in che misura la bicicletta resta ancora oggi uno strumento di indipendenza per le donne nel mondo? A Moby Dick ne discutono la giornalista Luisa Rizzitelli, presidente dell’associazione Assist, la giornalista Antonella Stelitano, autrice del saggio Donne in bicicletta e la sociologa Alessia Tuselli.
Con un intervento dello storico Stefano Pivato autore del saggio Storia sociale della bicicletta.
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