Diminuzioni, ornamentazioni, variazioni e abbellimenti costituiscono l’essenza stessa della prassi esecutiva della musica vocale e strumentale che inizia nel ‘600 e si protrae fino a metà ‘800; paradossalmente, però, di questa essenza non esiste che una traccia effimera. Chi voglia offrire un’interpretazione che sia in accordo con lo spirito del tempo, deve, pertanto, imparare a decorare l’esecuzione e apportare alla partitura stampata quelle integrazioni e modifiche che lo stesso compositore si attendeva dagli interpreti delle sue opere. Ma quanto in là ci si può spingere? Quali sono i principi di questa pratica? Perché alcuni autori sembrano refrattari all’ornamentazione mentre per altri sembrano non esserci limiti? E infine: quanto è affidabile sull’argomento la trattatistica d’epoca? Davide Fersini e Giovanni Conti ne discutono con il musicologo Giuseppe Clericetti e con Francesco Lora dottore di ricerca in Musicologia e beni musicali presso l’Università di Bologna.
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