Riottoso e impenitente, Don Giovanni non avrebbe mai accettato di farsi psicanalizzare. Ci si mette anche la musica di Mozart a complicare il quadro, essendo il salisburghese poco incline ai giudizi senza sfumature: ne ricaviamo un’immagine complessa e a contraddittoria, tra commedia e tragedia, che ispira ora disgusto, ora simpatia, ora ammirazione. Ma fin dagli esordi della psicanalisi, Don Giovanni è stato steso a forza sul lettino più scomodo del mondo, e costretto ad analisi postume che ne hanno fatto di volta in volta un dissoluto, un eroe libertino, un mito, un depresso, un perverso, un omosessuale… Oggi, 29 ottobre, lo stesso giorno della prima assoluta del 1787, Paolo Borgonovo e Giovanni Conti vogliono fare il punto della situazione, con l’aiuto della musicologa Gaia Varon, fine studiosa di melodramma, e di Fabio Galimberti, scrittore e psicanalista, autore di “Il principe nero. Don Giovanni, un sogno femminile”, per Mimesis edizioni.
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