La più grande isola del pianeta, popolata da poco più di 56 mila abitanti, ricca di materie prime, dice no all’opportunità di concedere il via libera alle estrazioni di terre rare, uranio e petrolio. Rinunciando così alla piena indipendenza, anche economica dalla Danimarca, ma salvaguardando salute e natura.
Un territorio sempre più conteso, avamposto geostrategico per Stati Uniti, Nato, Paesi nordici dell’Artico, ma su cui sta puntando anche la Cina, già attuale leader mondiale nell’estrazione delle terre rare, metalli indispensabili per l’industria dell’elettronica. Cina che faceva parte de consorzio per lo sfruttamento del maxi giacimento di Kyanefield.
Ma la Groenlandia è anche un territorio fondamentale per la ricerca scientifica nel campo dei cambiamenti climatici a cui partecipa anche la Svizzera quale Paese osservatore nel Consiglio dell’Artico. E tra le conseguenze del cambiamento climatico c’è lo scioglimento dei ghiacci, che liberano nuove rotte a nord dei traffici commerciali tra Asia ed Europa.
Sul futuro di questa regione, sugli appetiti generati dai ricchi maxi giacimenti, sui potenziali rischi di conflitti Modem ne parla con:
Thomas Stocker, professore di fisica climatica all’università di Berna
Marzio Mian, co fondatore di The Artic Times Poject, autore di “La battaglia per il Grande Nord”
Marco Volpe, analista dell’osservatorio artico per lo IARI, istituto analisi e relazioni internazionali.
e in interviste registrate:
Stefan Estermann, Ambasciatore Capo della Divisione Politiche estere settoriali. La Svizzera è membro osservatore nel Consiglio dell’Artico, istituzione intergovernativa che promuove la ricerca interdisciplinare sui cambiamenti climatici
Malte Humpert, membro cofondatore dell’Arctic Institute, studioso della rotta marittima del Nord
Modem su Rete Uno alle 8.20, in replica su Rete Due alle 19.25. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSINews e RSIPlay
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