Quanto sono appropriate le cure a cui si sottopongono ogni giorno milioni di pazienti? In che misura esami, trattamenti farmacologici e interventi chirurgici sono davvero indicati in termini qualitativi e quantitativi? Quando rischiano di essere dannosi per la salute? La tematica, delicata e complessa, sta suscitando sempre più interesse non solo fra la popolazione ma anche fra gli operatori del settore, tanto che a Lugano sta per avere luogo il primo simposio internazionale organizzato in Svizzera sull’argomento.
Nonostante sia universalmente riconosciuto che la medicina debba basarsi su prove scientifiche di efficacia, da tempo c’è chi solleva dubbi sulla sobrietà di alcune pratiche largamente diffuse. A portare alla ribalta l’argomento è stata l’iniziativa statunitense “Choosing wisely”, ripresa in Italia dall’associazione “Slow Medicine”, col progetto denominato “Fare di più non significa fare meglio”. L’approccio è stato preso in considerazione anche dall’Ente ospedaliero cantonale ticinese, avviando un progetto all’Ospedale regionale di Locarno con l’intento di estenderlo alle altre strutture ticinesi. Ed è proprio l’EOC ad aver promosso il simposio internazionale in materia in programma venerdì 25 settembre all’USI di Lugano.
Dall’Università della Svizzera italiana ne parlerà anche Modem con: Sandra Vernero (dott.ssa ASL di Bologna, vicepresidente di “Slow Medicine”), Luca Gabutti (primario di medicina interna e nefrologia all’Ospedale regionale di Locarno, organizzatore del simposio) e con Antoine Casabianca (presidente Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana). L’edizione proporrà anche un’intervista con Gianfranco Domenighetti (esperto in materia, già docente all’UNI di Losanna e l’USI di Lugano).
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