Andrea Lanfri, atleta e alpinista toscano, ha trasformato una tragedia in una nuova vita. Nel 2015 una meningite fulminante lo ha costretto all’amputazione di entrambe le gambe e di sette dita delle mani. I medici gli dissero che non avrebbe più corso, né arrampicato. Ma Lanfri non si è arreso: con ostinazione ha deciso di ricominciare da zero. È tornato a correre, ad arrampicare, a inseguire i suoi sogni in montagna. Il palmarès parla da solo: nove titoli italiani, un argento mondiale, quattro medaglie europee. E poi un Guinness World Record per il miglio più veloce in quota.
Nel 2022 è stato il primo pluriamputato al mondo a salire sull’Everest. Un’impresa compiuta con la guida alpina Luca Montanari. Le sue protesi in fibra di carbonio, i “super piedi”, gli hanno permesso di spingersi oltre i limiti. Ma non è solo sport: dietro a ogni passo c’è un lavoro di ricerca e innovazione. Insieme al Politecnico di Milano, Lanfri ha trasformato le sue gare in un laboratorio a cielo aperto. Sensori applicati al corpo e alle protesi raccolgono milioni di dati durante le competizioni. Dati che serviranno a progettare protesi sempre più performanti e adattabili.
Il professor Marco Tarabini spiega che la sfida è passare da strumenti passivi a dispositivi attivi. Protesi in grado di reagire ai terreni, alle condizioni, ai movimenti quotidiani. Così la scienza e lo sport si incontrano, aprendo strade nuove anche per la vita di tutti i giorni. E la storia di Andrea Lanfri diventa esempio di coraggio, ricerca e speranza.
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