Poca neve, temperature alte, con il record dello zero termico oltre i 5'000 metri di altitudine a fine luglio, fusione anticipata – almeno di un mese e mezzo – del manto nevoso, crepacci scoperti dal ghiaccio e massi in movimento, sono alcuni dei fattori che stanno influenzando la pratica dell’alpinismo e le attività legate all’economia alpestre di cui anche il grande pubblico si rende ben conto in questa estate 2022.
Un’estate dove manca l’acqua sugli alpeggi, dove i rifugi e le capanne sono confrontati con la siccità, dove si ferma lo sci estivo sui ghiacciai, dove alcune vie per scalare le vette maggiormente ambite risultano più rischiose e non sono più proposte dalle guide alpine.
Qual è lo sguardo sul paesaggio alpino di chi lo conosce e lo frequenta da anni? Va rivisto il modo di andare in montagna, di salire in alta quota? È pensabile che le cime dell’arco alpino più frequentate siano rese meno fruibili? Ma come preservare l’economia alpestre e le attività di chi in montagna vive e lavora?
Ne discutono:
Silvia Metzeltin, geologa e alpinista
Matteo Giottonini, collaboratore de L'Alpinista Ticinese, rivista della FAT (Federazione alpinistica ticinese)
Andrea Dotta, guida alpina
Luca Giovanoli, presidente del CAS Sezione Bregaglia (Club alpino svizzero)
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