Calcio - qualificazioni mondiali

“C’è tanta qualità, ma forse manca un leader caratteriale come Zlatan”

Gerndt ha analizzato la Svezia e un movimento comunque in crescita

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Dieci presenze e due reti con la Nazionale del suo paese

Dieci presenze e due reti con la Nazionale del suo paese

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Di: Ariele Mombelli 

Per agguantare un posto nei playoff dei Mondiali tramite la campagna di qualificazione necessita di un vero e proprio miracolo: battere Svizzera e Slovenia e sperare in un doppio passo valso del Kosovo, che vanta ad oggi pure una differenza reti rassicurante (-1 rispetto a -5). Lo ripetiamo: un’impresa pressoché impossibile. E allora, per volare in America, la Svezia si aggrappa verosimilmente ai risultati ottenuti nell’ultima Nations League. Quando la figura di Jon Dahl Tomasson era ben salda alla guida della selezione e nulla lasciava presagire ad un cammino dannatamente complicato. Di questo e di tanto altro abbiamo discusso con l’ex bomber del Lugano Alexander Gerndt.

Quattro partite, zero vittorie e un solo punto: in un gruppo impegnativo ma non irresistibile con Svizzera, Kosovo e Slovenia, si pensava che la Svezia potesse recitare un ruolo da protagonista, forse addirittura da favorita. Mi sbaglio?

“È difficile dire se la Svezia potesse essere la più forte del gruppo, ma è innegabile, alla luce dei risultati ottenuti, che la campagna di qualificazione non stia rispettando le aspettative. Delle aspettative forse “gonfiate” da un mercato estivo che ha visto due giocatori svedesi come Gyökeres e Isak al centro dei trasferimenti più costosi, ma comunque giustificate dal valore reale degli altri elementi della rosa, pensando a Lindelof o Bergvall, tanto per citarne alcuni. La nostra, in ogni caso, resta una selezione con tanta qualità. È innegabile dunque che qualcosa sia mancato”.

Cosa, esattamente?

Si tratta probabilmente di una serie di circostanze e anche un po’ di sfortuna, se penso ad esempio al contropiede fallito da Bergvall proprio contro la Svizzera a Stoccolma. In una campagna così breve, simili errori rischiano di giocare un ruolo determinante ai fini del risultato e, di conseguenza, di costare caro in ottica qualificazione. Se però devo individuare un problema, allora cito la mancanza di leader caratteriali. Io, ad esempio, ho avuto la fortuna di giocare al fianco di Källström (oggi responsabile della selezione ndr.) e Ibrahimovic. Ecco, quelle personalità che indicano la via e mettono tutti in riga quando le cose girano nel verso sbagliato forse oggi mancano”.

Tomasson ha pagato i risultati, ora come selezionatore è arrivato Potter. Una scelta particolare, no?

“All’apparenza potrebbe sembrare così, considerando che si tratta della sua prima esperienza alla guida di una Nazionale. Tra il 2011 e 2018, però, ha condotto l’Östersund dalla terza serie del calcio svedese al massimo campionato, vincendo pure una Coppa di Svezia e raggiungendo addirittura l’Europa League. Dei risultati incredibili, che gli sono valsi la chiamata in Premier League prima dello Swansea e del Brighton, poi del Chelsea. Insomma, è un tecnico dalla grande esperienza, che oltretutto conosce alla perfezione il nostro calcio”.

Una delle sue prime decisioni è stata quella di svolgere il ritiro di questi giorni lontano dalla Svezia, più precisamente a Marbella in Spagna…

“Quando ho letto la notizia sono rimasto anche io un po’ sorpreso, perché si tratta di una prima per la nostra Nazionale. Onestamente non conosco i motivi di questa decisione, ma immagino sia stata presa per generare nuove dinamiche rispetto al recente passato e per sottolineare l’importanza del momento. Lì, oltre a trovare qualche grado in più, avranno avuto modo di concentrarsi maggiormente e di prepararsi al meglio in un clima un po’ più sereno”.

Prima hai accennato a Gyökeres e Isak. Le cifre sborsate per loro nell’ultimo mercato estivo sono giustificate in rapporto al reale valore dei due giocatori?

“È chiaro che i soldi spesi per acquistarli da parte di Arsenal e Liverpool (rispettivamente 73 e 150 milioni di Euro ndr.) sono tantissimi. Quando società del genere decidono di investire simili cifre, però, lo fanno spesso a seguito di lunghe analisi e valutazioni. Oltre alle qualità individuali, che in entrambi i casi sono indiscutibili, se i club hanno deciso di puntarci con convinzione è perché ritengono che possono integrarsi al meglio nella rispettiva filosofia di gioco. Sia Gyökeres che Isak, inoltre, erano reduci da una grande stagione a livello di numeri. E anche questo solitamente ha un impatto”.

Loro sono solo due dei tanti giovani talenti svedesi in giro per l’Europa. Qual è stato il momento di svolta del movimento giovanile?

La crescita è coincisa con l’affermarsi di Ibrahimovic. Anche per la storia che si è portato appresso e che lo ha reso grande, Zlatan ha lasciato un segno in diverse generazioni. Lui è uno svedese “differente”, nel senso che si è costruito dal nulla diventando uno dei giocatori più forti e influenti al mondo. È stato fonte d’ispirazione per tantissimi ragazzi, che oggi tra le varie possibilità lavorative intravvedono anche quella del calciatore. In sostanza, si stanno raccogliendo i frutti della sua era”.

Tu, tra l’altro, hai avuto la fortuna di giocarci insieme. E di giocare proprio un playoff per i Mondiali. Era il 2013, cosa ricordi di quella partita?

Quel playoff lo giocammo contro il Portogallo e andò male, ma il mio ricordo di quello spareggio è legato soprattutto a Cristiano Ronaldo. In campo a tratti sembrava estraneo alla partita, fuori dalle dinamiche di gioco, eppure tra andata e ritorno ci fece quattro gol. Capii che di fronte ai grandi campioni le sensazioni contano quel che contano. Detto questo, per me indossare la maglia della Svezia è stato qualcosa di veramente grande, indipendentemente dalla competizione e dal contesto”.

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