CICLISMO - MONDIALI

Polaroid dal Ruanda, un Paese che viaggia su due ruote

Il commento dell’inviato Stefano Ferrando

  • Un'ora fa
  • 36 minuti fa
Rwanda

Tutto può essere trasportato

  • RSI
Di: Stefano Ferrando 

La bicicletta e il Ruanda. Una lunga, intensa, appassionata storia d’amore, perché il Paese viaggia su due ruote. Quelle delle migliaia di moto-taxi a Kigali (attenzione, girano in incognito emuli di Valentino Rossi e non tutti, io per primo, hanno la propensione alla zavorrina… vita vissuta). Ma le due ruote della Terra delle mille colline sono quelle muscolari, soprattutto appena si lascia la capitale. Non c’è nulla che NON possa essere trasportato in bicicletta, non è uno scherzo: sacchi giganteschi di patate, carote, caschi di banane per passare a mattoni, divani (sì, divani), casse di birra, fasci di bambù e ovviamente persone perché a 2000 metri e oltre il taxi è a pedali!

La nostra bici ai loro occhi pare un’astronave, questi giovani taxisti se la ridono quando sollevano la bicicletta e la prima cosa che esclamano è: “Con questa non ci porti nulla!”. La bicicletta qui è vita, mezzo di trasporto ma per la stragrande maggioranza non è un piacere, non è ancora un modo per affermarsi nel mondo dello sport o semplicemente un modo per liberare la mente, quello (temo) sia un problema nostro, distratti e ingabbiati in mille frenetici momenti quotidiani. Forse i Mondiali faranno cambiare idea a qualcuno, forse il Centro di formazione nazionale all’ombra dei Vulcani nel profondo nord, oppure il nuovissimo Centro di free style e pump track nel Distretto di Bugusera accoglieranno giovanissimi sognanti ma l’impressione è che il tempo necessario non sarà poco.

La bicicletta è il Ruanda e sulle due ruote rimane il modo migliore per scoprirlo, soprattutto per chi arriva da fuori. A Nyamata due bici appoggiate a un cancello attirano la nostra attenzione: sono in bambù! Niente di più semplice, leggere ma anche super tecnologiche. E infatti sono mezzi che hanno attraversato Tanzania e Burundi per arrivare alle porte di Kigali: Dino e Roberto sono due piemontesi che in due settimane hanno affrontato un viaggio emozionante, lo stesso che li ha portati a fermarsi, come noi su un piazzale polveroso. Alle nostre spalle una chiesa, accanto una mensa, quindi una scuola dell’infanzia popolata di bambini gioiosamente rumorosi e chiassosi: il contrasto è violento però… accanto c’è il Memoriale del genocidio del centro abitato, una storia terribile che riporta al 1992, due anni prima dei mesi del massacro e forse anche per questo ancora più scioccante perché tutto era annunciato e nulla è stato fatto. Qualcosa di così devastante a livello emotivo che ci sono volute ore prima di ritrovare la voglia di parlare, non dico sorridere.

Sono tantissimi i villaggi che ne hanno uno, luoghi della memoria, cicatrici che nessuno vuole cancellare. Quel ricordo è ben presente, troppo fresco, troppo brutale: in Ruanda, nel nuovo Ruanda si dice: “Seppelliamo il passato, viviamo il futuro”.

Ecco, tutti quei sorrisi, quella felicità nel giardino della scuola, gli stessi che abbiamo trovato lungo tanti chilometri delle nostre piccole ricognizioni da Nord a Sud, sono l’ipoteca del futuro di questo Paese che ha trovato la sua strada. 99 ruandesi su 100 sono con il proprio Presidente, apparentemente orgogliosi e felici, l’impressione (del tutto parziale e personale) è che sotto un sottile strato dorato ci siano ancora tante cose da sistemare, in fin dei conti non tutto è perfetto ma il Ruanda pare aver trovato un suo equilibrio sacrificando una certa libertà sociale, o meglio intellettuale, per rinascere. Il passato è sepolto, il futuro tutto da vivere e soprattutto costruire.

Ruanda

01:36

Mondiali, il servizio sulla staffetta mista (TG Notte Sport 24.09.2025)

RSI Sport 24.09.2025, 22:38

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