di Piergiorgio Giambonini
Quando la sera del 27 febbraio, Maxim Lapierre ha pensato bene di animare a falli e cazzotti il primo quarto d’ora di un derby di fatto inutile per il suo Lugano, tutta la Svizzera non bianconera ha pensato una sola cosa: ecco un picchiatore portato alla Resega per fare la guardia del corpo agli svedesi e per intimidire a falli e cazzotti gli avversari in arrivo nelle serate di playoff. E tutta la Svizzera non bianconera, e magari anche parte – e addirittura buona parte – di quella bianconera, si è sbagliata di grosso. Perché Maxim Lapierre è molto altro, e serve – sta servendo – a molto altro. Falli e cazzotti non gli fanno nessuna paura, è vero. Ma quello show della Valascia – bello o brutto che sia stato, fate un po’ voi – è rimasta una storia a sé. Tanto per farsi conoscere, tanto per dire a tutti che i conti , tutti, ora li devono fare anche con lui.
L’importanza di Maxim Lapierre in questo finale di stagione che dopo dieci anni d’attesa ha riportato il Lugano come minimo in semifinale, non la si misura in gol e assist. Che intanto, dopo le sue prime 10 partite in maglia bianconera, sono pur sempre 2 reti rispettivamente 4, che pochissimi non sono. No, la sua importanza è tutt’altra, ed è totale. Perché lui, come ha scritto qualcuno, è un animale da playoff, che in pista, a tutta pista, porta presenza vera e concreta, ed esperienza da vendere. E che certo sa provocare alla grande, ma che sa anche non farsi provocare. Come ha fatto e dimostrato nelle quattro serate vincenti contro lo Zugo.
Un metro e 90 per 100 chili, 700 partite d’esperienza in NHL culminate nella finale della Stanley Cup persa con Vancouver 5 anni fa, la furbizia del veterano e l’aggressività del grande e grosso. A 31 anni da compiere fra un paio di settimane, Maxim Lapierre ha contribuito e sta contribuendo a cambiare il volto di questo Lugano sbocciato nei playoff come una squadra in tutto e per tutto vera. Fondamentale è stata del resto la decisione di Shedden di spostare Hofmann al centro, tra Brunner e Bertaggia, e di spostare Lapierre all'ala accanto a Sannitz. Alle semifinali il Lugano approda così affidabile tra i pali, solido difensivamente e capace di colpire ed annientare appunto con tre linee: quella degli artisti, quella delle gazzelle – come l’ha definita il coach – e quella dei duri. Sannitz, Walker e Monsieur Lapierre. Quel Lapierre sul quale, quel 27 febbraio non moltissimi avrebbero scommesso.
NL A, l'intervista a Maxim Lapierre (Sport Non Stop, 13.03.2016)
RSI Sport 13.03.2016, 19:40
NL A, i 3 tempi e l'overtime (Sport Non Stop, 13.03.2016)
RSI Sport 13.03.2016, 19:37