Ciao! Mi chiamo Arianna Redaelli, sono dottoranda in italianistica all’Università di Parma e ora dottoranda ospite presso il Dipartimento di linguistica italiana all’Università di Basilea. Sono stati proprio i miei studi a portarmi al libro di cui vi parlerò oggi.
Un paesino tra lago e montagna, due giovani che si innamorano e decidono di sposarsi. Parrebbe proprio l’incipit di un classico romanzo d’amore, ma l’amore, in questa storia, si intreccia con oscure vicende di potere, rivolte popolari e una gravissima epidemia, durante la quale i due amanti rischiano di perdersi definitivamente.
Ma partiamo dall’inizio. Il racconto prende avvio da uno spaccato di vita quotidiana: un mite uomo di chiesa sta tornando verso casa dopo una passeggiatina solitaria all’insegna della preghiera, immerso fra i propri pensieri. Tutt’a un tratto incontra due brutti ceffi armati, che lo minacciano seriamente: il matrimonio che dovrà celebrare di lì a pochi giorni non s’ha da fare, pena terribili disgrazie per lui. Terrorizzato, il sacerdote si tira indietro, e a nulla varranno i disperati tentativi degli innamorati di ottenere giustizia: devono separarsi, lei in un monastero e lui a Milano, dove è in atto una sommossa cittadina. Una guerra scoppia di lì a poco, seguita da una carestia e una terribile epidemia di peste da cui i protagonisti non potranno fuggire. A guidare la trama, una struttura narrativa che riesce a descrivere la vita così com’è: un gigantesco teatro di luci e ombre, in cui i personaggi sono educati a essere amati e ad amare al ritmo libero della resistenza a un Bene superiore infine inevitabilmente trionfante.
È arrivato il momento di svelarvi l’identità del libro, sempre che non l’abbiate già intuita. Si tratta dei Promessi Sposi.
I Promessi Sposi è il primo grande romanzo storico della letteratura italiana. La sua fama lo precede: scritto nell’Ottocento da Alessandro Manzoni ma ambientato almeno due secoli prima, all’epoca della dominazione spagnola in Lombardia, è uno tra i romanzi più letti, imitati e riprodotti del canone letterario italiano. Ma perché leggerlo oggi? Ecco tre buone ragioni.
La prima: è un modello inarrivabile di lingua. Il lavorio dell’autore si intravede nel tessuto connettivo di una trama complessa e ben costruita: troverete parole e costrutti che sono ormai entrati a pieno titolo nella lingua italiana, svecchiandola, rendendola dinamica e altamente comunicativa, e altri che siamo abituati a usare quotidianamente ma che la norma grammaticale, pensate un po’, ancora non ha riconosciuto. Certo, non è un romanzo semplice, ma la fatica varrà il risultato. E poi: avete mai letto una delle tante descrizioni manzoniane che frammentano la narrazione? Se la risposta è no, vi consiglio di partire da lì e lasciarvi ammaliare.
La seconda ragione: è un classico, e come ogni classico che meriti questo nome sarà sempre in grado di suggerirvi qualcosa. Basterà lasciarlo parlare.
Arriviamo, finalmente, alla terza e ultima ragione: sciogliere il romanzo di Manzoni dal pesante e noioso giogo in cui spesso lo hanno costretto, e lo costringono ancora, gli studi scolastici. Metterlo alla prova, insomma, per verificare che sappia resistere alle attese, di solito molto esigenti, della lettura autonoma. Forse però non basta. Forse (per riprendere e fare mio il pensiero di Umberto Eco sull’argomento) i Promessi Sposi andrebbero direttamente banditi. Anzi, vi consiglio di proibirne la lettura a tutti quelli che conoscete: così, come tutti i romanzi proibiti, riacquisterà la fama di romanzo affascinante, e avrete finalmente voglia di leggerlo e rileggerlo. Ve lo auguro.
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