La colonia felice - Carlo Dossi
Un romanzo che, nonostante la data di pubblicazione, potrebbe rivelarsi una piacevole compagnia densa di spunti di riflessione mascherati da racconto.
Mi chiamo Coralie, studio Lingua, letteratura e civiltà italiana presso l’Università della Svizzera italiana, e oggi ho deciso di farvi una proposta di lettura particolare: La colonia felice, di Carlo Dossi, pubblicato per la prima volta nel 1874 dall’editore Luigi Pirelli.
Si tratta di un breve romanzo utopico, tra le pubblicazioni più importanti dell’autore.
Carlo Dossi, classe 1849, nasce in provincia di Pavia e vanta, come egli stesso ricorda più volte, una lontana parentela con Manzoni. Inizia a scrivere in tenera età ed è considerato uno dei principali esponenti della scapigliatura, un movimento che prende il nome dalla libera traduzione del termine francese bohème, riferito allo stile di vita zingaro e contrapposto a quello borghese. Gli esponenti della scapigliatura sono animati da uno spirito di rivoluzione, inizialmente linguistico e poi anche contenutistico. Il Dossi non fa eccezione, e nel suo romanzo crea un interessante pastiche linguistico combinando registri differenti e inserendo termini dialettali e talvolta volgari. Non esistono più tabù ne a livello linguistico, né tantomeno a livello contenutistico.
La colonia felice di Carlo Dossi ha come protagonisti un gruppo di carcerati graziati dalla pena di morte. Tuttavia viene deciso di punirli in modo forse ancora più crudele: criminali vengono portati su un’isola deserta, sulla quale vengono abbandonati. Non vengono date loro regole né occupazioni o organizzazione sociale: spetterà a loro trovare un modo di convivere sull’isola.
Dopo aver lasciato loro provviste e utensili necessari alla sopravvivenza il capitano della nave che li ha condotti sull’isola lascia i prigionieri con queste parole:
Risparmiata v'è dunque la prima ferocissima guerra, nella quale perpetuamente sono le belve - la guerra con la Natura. Stà a voi di risparmiarvi l'altra, più orribile ancora, quella con i simili vostri. Sorga invece la terza, che è la sola benefica - la guerra con voi medèsimi.
Da subito si manifestano le prime difficoltà di convivenza: l’assenza di regole, unita allo spirito non proprio pacifico dei membri della colonia crea tensioni e scontri, che portano il gruppo a dividersi in due fazioni, entrambe eleggono un rappresentate, rispettivamente il Letterato, un criminale astuto e calcolatore, e il Beccaio, un mascalzone che ha infranto la legge più per necessità che per reale cattiveria.
Il romanzo di Dossi appartiene al genere definito utopico – allegorico (utopico perché ci racconta una realtà impossibile nel nostro mondo, per lo meno per quanto ne sappiamo, allegorico perché le vicende della colonia di prigionieri sono in realtà una metafora della società e, malgrado il romanzo non sia di recente pubblicazione, le tematiche trattate risultano di strettissima attualità, tanto che spesso nel corso della lettura ci si dimentica del fatto che l’autore sia nato a metà dell’800).
Quando ho iniziato la lettura del romanzo mi aspettavo una trama e una conclusione che richiamasse quelle della Fattoria degli animali di Orwel (altro libro da aggiungere alla lista dei to read). Le premesse infatti sembrano simili: un gruppo di persone (o animali) che si trova senza regole e con la possibilità di costruire una nuova società. I due romanzi si concludono però in modo molto diverso e Dossi sembra avere una fiducia nel genere umano che in molti probabilmente hanno perso.
Malgrado la data di pubblicazione potrebbe risultare un deterrente per alcuni vi consiglio davvero di leggere questo breve romanzo, che potrebbe rivelarsi una piacevole compagnia densa di spunti di riflessione mascherati da racconto.