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Guido Calgari legge e commenta il XXIX canto dell'Inferno. Davanti alle pene subite dai dannati della nona bolgia, Dante sente il bisogno di piangere ma su esortazione di Virgilio si trattiene e riprende il cammino, confidandogli di aver intravisto l'ombra di un suo parente: Geri del Bello. I due protagonisti giungono sul ponte che attraversa la decima e ultima bolgia, luogo di pena dei falsari. I dannati giacciono a terra sotto forma di malati, distribuiti per gruppi, nelle posizioni più varie, incapaci di tenere sollevati i loro corpi. A due anime che, appoggiate schiena contro schiena, si grattano furiosamente le croste scabbiose che ne ricoprono il corpo, Virgilio chiede se tra loro ci sia qualche italiano. Davanti a loro ci sono l'alchimista Griffolino d'Arezzo, condannato a morte da Albero da Siena per non essere riuscito a insegnargli a volare, e Capocchio, abile falsario di metalli.
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